ANCONA - L’umiltà del genio: difficile non riconoscerla a Danilo Guerri, che ieri notte ci ha lasciato, a soli 77 anni, per le complicanze di una polmonite. Ma...
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Socio negli anni Sessanta dello studio Tau, con cui ha realizzato molte strutture residenziali nell’area romana, aveva scelto ben presto di tornare a lavorare nelle Marche. Qui ha firmato i progetti più prestigiosi, per aziende, istituzioni e privati: negli anni Settanta, il complesso residenziale in Via degli Spagnoli a Falconara; il laboratorio e i magazzini di esposizione della Safil a Marzocca. Poi, negli anni Ottanta, il complesso residenziale di Villa Sorriso a Senigallia; la piazza, le attrezzature scolastiche e sportive, commerciali e alcuni edifici residenziali del quartiere di Brecce Bianche ad Ancona. La sua firma è qui legata soprattutto alla ristrutturazione definitiva del Teatro delle Muse tra il 1978 e il 1989. Affiancato sulle prime al professor Montecamozzo e agli ingegneri Picconi e Zaupa, con l’architetto Paola Salmoni ha saputo restituire un’anima a un edificio snaturato da un paio di interventi disastrosi: dopo il degrado della sala interna a causa del crollo del tetto, l’interno era stato rinforzato con una struttura in cemento armato, per farne una sala cinematografica.
Danilo Guerri è riuscito, portando all’interno la fisionomia della facciata, firmata nell’800 da Pietro Ghinelli, a riannodare i legami con l’origine architettonica del teatro, e con la città, che anche dopo la chiusura forzata aveva continuato a guardare con rimpianto all’edificio, icona della sua storia. Non ha mai nascosto, a chi ha avuto il privilegio di seguirlo nei sopralluoghi prima della riapertura delle Muse, l’orgoglio per le soluzioni strutturali e decorative di questa complessa macchina teatrale, che continua a suscitare la meraviglia della gente di spettacolo che vi si trova a lavorare.
Dopo aver vissuto per molti anni a Falconara Alta, si era da poco trasferito con la moglie ad Ancona, a piazza Diaz, in un appartamento vicino al cielo pieno di progetti, ricordi, machette, accanto ai mille ritratti che si divertiva a schizzare durante convegni e incontri. Al centro del suo studio domina il disegno della sala delle Muse, realizzato a colori dal figlio architetto. La sua espressione burbera e dolcissima, il suo sguardo acuto e buono, le sue osservazioni puntuali resteranno impresse in chi ha avuto il privilegio di conoscerlo, più durature del bronzo. E delle sue stesse architetture. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico