Ancona, Franco appende le forbici al chiodo: addio allo storico barbiere

Ancona, Franco appende le forbici al chiodo: addio allo storico barbiere
ANCONA - Si è armato di forbici e pettine da bambino e da allora non ha più lasciato i suoi fedeli strumenti del mestiere. Dopo 65 anni di onorata carriera ha deciso...

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ANCONA - Si è armato di forbici e pettine da bambino e da allora non ha più lasciato i suoi fedeli strumenti del mestiere. Dopo 65 anni di onorata carriera ha deciso di godersi la meritata pensione Franco Vicini, storico barbiere degli Archi. Ha scelto il 31 dicembre come data simbolica d’addio.

Saluterà tutti i clienti con un rinfresco nel suo negozio. «Non posso pensarci - confessa -. Non mi sembra vero. Vivo sentimenti contrastanti: da una parte sono felice, dall’altra amareggiato. Non so come reagirò dal primo gennaio senza il mio lavoro».
  
Il salone di via Marconi 123, è bene sottolinearlo, non chiuderà i battenti. L’attività è stata rilevata dalla hair stylist Sonia Torbidoni (già presente con un suo negozio in via Ascoli Piceno) e sarà gestita da Filippo Lo Piccolo, individuato come la figura giusta per raccogliere un’eredità pesante. Inaugurato nel 1988, per trent’anni il Salone Franco ha servito il popolo degli Archi, e non solo.
Sotto le esperte mani del barbiere 74enne è passata mezza Ancona. Un’istituzione. «Ho cominciato quando ero un bambino, avevo solo 9 anni - ricorda con un filo di commozione -. Facevo il garzone della bottega di mio padre e di mio zio che si trovava nel tratto finale degli Archi. Ero un ragazzo-spazzola. Da allora è nata una passione, mi sono innamorato di questo mestiere e non l’ho più lasciato. Per 17 anni sono stato socio di Elvio Bartolini (l’altro storico parrucchiere del quartiere, ndr) in via Mamiani. Nel 1988 ho deciso di mettermi in proprio e ho aperto il mio negozio, esattamente qui dov’è oggi. Ma dopo 65 anni di servizio ho scelto di fermarmi, non per l’età, perché mi sento ancora un ragazzino, ma perché è arrivato il momento di riposarmi. Organizzerò qualche vacanza con mia moglie Mara, gireremo il mondo. I nipoti? Sono già grandi. Tra un po’ saranno loro a badare a me».
In tre decadi Franco Vicini ha assistito all’evoluzione degli Archi, modellati dalla globalizzazione come ciuffi ribelli sotto l’effetto del gel. «Il cambiamento è stato importante - spiega mentre spunta la chioma brizzolata di un cliente -. Questo era il tradizionale rione dei pescatori, oggi ci sono più stranieri che italiani. Multietnico, si dice così? Però non direi che è peggiorato. Piuttosto, si è trasformato, nel bene e nel male. E’ un fenomeno naturale, succede in tutto il mondo. Ma io continuo a sostenere che agli Archi si vive benissimo. Tutto questo degrado di cui si parla non lo vedo. Si è modificata profondamente la popolazione e in questo ci sono aspetti buoni e meno buoni. Tuttavia, non esiste un problema di sicurezza e io non ho mai pensato di trasferirmi. Tra alti e bassi la mia attività ha sempre funzionato. E poi chi è nato agli Archi, come me, vuole morire agli Archi».
Le speranze di rilancio sono legate al maxi progetto di restyling da 3,2 milioni con cinque interventi, come la demolizione e ricostruzione dell’edificio che ospita il Centro H e l’associazione Archi Vivi, il restyling della palestra in una struttura con spazi più ampi, la struttura del Social Lab, la riqualificazione dell’area verde delle Rupi e la costruzione di uno spazio di accoglienza all’interno del Social Lab.

«Si dice che i lavori dovrebbero cominciare a maggio, sembra un bel progetto, potrebbe essere utile per rilanciare il rione - sostiene Franco -. L’importante è che alle promesse seguano i fatti, in tempi rapidi». Alla trasformazione assisterà non più da commerciante, ma da residente. Che effetto farà? «Sarà strano, non riesco ad immaginarmi lontano dal negozio. Un po’ di dispiacere c’è, lo ammetto. Qui dentro ho trascorso la mia vita e ho sempre fatto il mio lavoro con grande passione. Preferisco non pensarci. Ringrazio i clienti che in questi 30 anni si sono affezionati a me e li invito al rinfresco che organizzerò la mattina del 31 dicembre». E già si sente la mancanza di Franco. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico