L'altra eredità delle frana: il pensionato Tambroni sempre chiuso, 16 anni senza una soluzione

L'altra eredità delle frana: il pensionato Tambroni sempre chiuso, 16 anni senza una soluzione
ANCONA - La frana del dicembre di 40 anni fa ha lasciato in eredità alla città di Ancona anche un’incompiuta alta tre piani per una superficie di 5.770 metri....

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno

ANCONA - La frana del dicembre di 40 anni fa ha lasciato in eredità alla città di Ancona anche un’incompiuta alta tre piani per una superficie di 5.770 metri. È il pensionato Tambroni di via Cupa di Posatora, atteso per 23 anni - da quando la casa di riposo venne giù dal crinale dove ora c’è il parco Belvedere - e inaugurato il 13 dicembre 2005, con un taglio del nastro che simbolicamente segnava il riscatto della città da quel disastro naturale.

 

Qualcuno si accorse però, tra un brindisi e un discorso celebrativo, che dai soffitti filtrava acqua piovana. Se ne scoprì clamorosamente la ragione quattro mesi dopo quell’infausto vernissage, quando la Procura della Repubblica fece sequestrare un edificio costato 8 milioni di euro, ma edificato dall’appaltatore con tante e tali magagne da risultare persino non collaudabile.

Il processo

Il processo che ne seguì si concluse con l’accertamento dei gravi difetti di costruzione ma non del dolo di costruttori e direttori dei lavori. Dunque tutti assolti, rimandando ogni controversia sul risarcimento del danno ai tempi biblici delle cause civili. Negli ultimi anni si sono fatti avanti tre privati del settore della riabilitazione e dell’assistenza agli anziani interessati al Tambroni, l’immobile di via Cupa di Posatora è ancora chiuso, infestato da erbacce e vigilato da un sistema d’allarme che ogni tanto segnala tentativi di intrusione, mentre i residenti della zona si lamentano di bivacchi, murales sulle pareti e bottiglie di birra vuote a terra.
«Presto ripresenteremo il progetto di recupero della struttura, un intervento che supera i quattro milioni di euro», diceva nel dicembre scorso il direttore generale dell’Inrca Gianni Genga, che s’era preso come impegno del suo mandato proprio la riapertura del Tambroni. «Mi sono sentito anche di recente con l’assessore, il Tambroni è un argomento sempre ben presente nell’agenda regionale», conferma il dottor Genga. «È tempo che chi deve decidere decida», chiosava ieri il sindaco Valeria Mancinelli, a margine della conferenza stampa sul partenariato con l’Università per il monitoraggio della frana La residenza per anziani resta chiusa a quasi 16 anni dl 12 aprile 2006, quando il pm Marco Pucilli mise i sigilli dopo un esposto del Servizio integrato infrastrutture e trasporti, a cui l’Inrca aveva affidato la gestione dell’appalto. Prima ancora che un solo anziano ospite ci mettesse piede, era scattata la chiusura di una struttura destinata a ottenere l’accreditamento in Regione come residenza sanitaria assistita, convenzionata con l’Asur, per ospitare 80 anziani, 60 dei quali non autosufficienti, con un nucleo per malati di Alzheimer. Nella pianificazione regionale, l’Inrca continua a gestire quei posti in parte attraverso Residenza Dorica, in parte tramite strutture intermedie.


Fino al 2017 si era valutata anche l’ipotesi di una demolizione e ricostruzione, poi però si è deciso che conviene restaurare il Tambroni perché la struttura non è compromessa, anche se bisognerà rifare gli impianti e serviranno riparazioni importanti, che richiederanno almeno un anno di lavori. Già nel luglio 2007 una perizia aveva accertato che molti impianti erano fuori uso e la centrale termica era invasa dall’acqua piovana. Figurarsi adesso.

 

Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico