ANCONA - Si professa innocente. E si ritiene vittima di una ritorsione. Forse qualcuno ha voluto fargliela pagare e ha fatto la spia. Magari lo stesso collega con cui i rapporti...
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Non è stata ancora definita una strategia difensiva, ma è convinto di non avere colpe il presunto furbetto del cartellino dal doppio lavoro. «Non ho fatto nulla di male», ha riferito dopo aver appreso della denuncia della Guardia di Finanza per truffa aggravata e false attestazioni nell’utilizzo del badge. Per oltre 10 anni, parallelamente al suo incarico pubblico, avrebbe svolto l’attività di sub-agente per alcune agenzie di assicurazione. Aveva regolare partita Iva, ma le Fiamme Gialle gli contestano due elementi: nessuno dal Comune gli avrebbe mai rilasciato l’autorizzazione a svolgere il secondo lavoro e, soprattutto, si sarebbe dedicato alla sua attività di assicuratore in orario d’ufficio, uscendo, in media per 2-3 ore al giorno per poi rientrare nel pomeriggio e smarcare il cartellino.
I finanzieri hanno accertato irregolarità in 318 giorni su 431 monitorati: il dipendente comunale si sarebbe allontanato er circa 800 ore su un totale di 2.850 dichiarate, con una percentuale di assenza del 28%. «Al massimo mi sarò allontanato una volta», si è giustificato il 60enne. In mancanza di specifica autorizzazione (che sostiene di avere, almeno per il periodo in cui era part-time) potrebbe non solo essere licenziato, ma anche condannato a restituire i proventi dell’attività di assicuratore percepiti in 10 anni e a risarcire il danno erariale. Il Gip, in via cautelare, l’ha sospeso per 8 mesi. Ma il presunto assenteista dal doppio lavoro sostiene di essere stato preso di mira da qualcuno. Un collega che avrebbe fatto il suo nome, forse lo stesso con cui avrebbe avuto un diverbio al lavoro da cui sarebbe scaturito il trasferimento in altro ufficio. Le indagini sono partite prima di questo episodio, da attività di monitoraggio svolte dalla Finanza nell’ambito della Pubblica Amministrazione. «La tesi accusatoria è tutta di dimostrare, il mio cliente potrebbe uscirne totalmente pulito», dice l’avvocato Maria Francesca Di Ciommo. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico