Il liquidatore truffava l'azienda edile, un raggiro da mezzo milione: condannato il commercialista infedele

Il tribunale di Ancona
ANCONA - Un anno e nove mesi di reclusione. Questa la pena inflitta dal giudice Elisa Matricardi a un commercialista fabrianese di 42 anni, accusato di essersi appropriato in...

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ANCONA - Un anno e nove mesi di reclusione. Questa la pena inflitta dal giudice Elisa Matricardi a un commercialista fabrianese di 42 anni, accusato di essersi appropriato in maniera illecita di oltre mezzo milione di euro, truffando l’azienda edile di cui era co-liquidatore.

 

 

Il processo, incardinato per truffa aggravata, fa riferimento a fatti avvenuti nel corso del 2016 e per cui hanno investigato i militari della Guardia di Finanza. Si è arrivati a sentenza in meno di un anno, dato che il procedimento è partito lo scorso aprile, con la richiesta di patteggiamento avanzata dall’imputato. 
L’istanza è stata rigettata e, dunque, si è proceduto con il rito ordinario. Due le parti civili costituite: i soci dell’azienda edile, rappresentati dall’avvocato Andrea Nobili, e l’unico liquidatore rimasto, assistito dal legale Enrico Carmenati. Il risarcimento nei loro confronti dovrà essere quantificato in sede civile. La procura contestava al libero professionista, difeso dall’avvocato Vincenzo Carella, la sottrazione alla società di cui era co-liquidatore di circa 510mila euro. Stando a quanto contestato dalla procura, il commercialista – all’insaputa del collega e della società che era stato chiamato a tutelare – avrebbe eseguito movimentazioni bancarie finalizzate a far confluire nelle sue mani poco più di mezzo milione di euro. Nello specifico, gli inquirenti gli contestavano di aver falsificato la firma del co-liquidatore per richiedere a un istituto bancario l’emissione di 13 assegni circolari per un valore di circa 220mila euro intestati alla società in liquidazione. Tale somme, insieme a quasi 300 mila euro sotto forma di ulteriori tre assegni circolari, per la procura erano poi veicolate nel conto corrente al quale aveva accesso solo l’imputato. Inoltre, sempre secondo l’accusa, il 42enne (a cui non è stata concessa la sospensione condizionale della pena) si sarebbe presentato ai funzionari di una seconda filiale come l’unico liquidatore della ditta in questione con poteri di firma e di movimentazione.


Erano state le vittime a sporgere denuncia, verificando dei movimenti sospetti che erano stati eseguiti sui conti bancari. La difesa, dopo la lettura delle motivazioni del verdetto, farà appello per cercare di smontare la condanna. La versione del 42enne, difatti, non coincide in minima parte con le argomentazioni accusatorie. I fondi non sarebbero stati distratti per scopi extra societari. 

 

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Corriere Adriatico