Sì alla riapertura delle discoteche, ma solo al 35%. I titolari: «Troppo poco, così conviene restare chiusi»

Non è ancora il momento di pienoni in discoteca
ANCONA - Si apre un spiraglio per le discoteche, ma non sembra abbastanza ampio da ridare ossigeno a un settore che nell’ultimo anno e mezzo ha avuto davvero poco respiro....

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ANCONA - Si apre un spiraglio per le discoteche, ma non sembra abbastanza ampio da ridare ossigeno a un settore che nell’ultimo anno e mezzo ha avuto davvero poco respiro. Per il Comitato tecnico scientifico, l’organo consultivo a cui il Governo si affida per valutare il tenore delle misure anti-contagio, le discoteche possono tornare a lavorare.

Ma con la capienza del 35% all’interno e 50% all’esterno. Ovviamente green pass all’ingresso, mascherine abbassate solo quando si balla e al bar il drink sarà servito su bicchieri monouso. 

 


Paletti troppo stretti per gli operatori del settore che chiedono subito di rivedere almeno il coefficiente della capienza. Infatti per ora quello del Cts è solo un parere. La palla adesso passa al governo che dovrà svolgere le proprie valutazioni ed eventualmente tramutarle in decreto. C’’è ancora un certo margine per attuare una trattativa.
Il nodo riguarda i costi vivi di gestione. «Col 35% della capienza si va in perdita - afferma Francesco Rossetti, titolare di ben tre locali: Mamamia, Noir e Miami - ma soprattutto si fa fatica ad offrire spettacoli di livello». Infatti tra dipendenti, forniture, siae, artisti, dj e pulizie era già un’impresa raggiungere il break even prima della pandemia. Se poi ci si mette l’affitto e le utenze il conto è presto fatto. «A queste condizioni non ha senso riaprire - ribatte Alessandro Sartarelli, promoter e titolare dell’agenzia di spettacoli Eventi Divertenti - le strutture più grandi non riuscirebbero a stare in piedi».


E per qualcuno c’è anche il dubbio che sia una manovra proprio per evitare che si torni di nuovo in pista: «difficile trovare un gestore di un locale da ballo che faccia una scelta contro i propri interessi imprenditoriali - aggiunge Franco Corelli, animatore della movida dorica ed ex titolare del Naif - mi viene da pensare che sia una proposta un po’ furba, fatta appositamente per evitare la riapertura delle discoteche». Eppure c’è chi sarebbe disposto a rimetterci di tasca propria, pur di riprendere l’attività: «il settore è alla canna del gas - ammette Rossetti - e anche se dovesse passare il limite del riempimento al 35% della capienza io sarei disposto a riaprire». 


A non convincere è anche l’utilizzo del green pass in relazione al riempimento considerato dagli operatori troppo basso. «Dovunque ci sia l’utilizzo del green pass, come nei teatri, viene concessa una capienza maggiore - puntualizza Sartarelli - non vedo perché le discoteche debbano essere trattate diversamente». «Nel resto d’Europa i locali sono tornati ad ospitare il pubblico nel pieno delle possibilità - continua Rossetti - mentre qui da noi, sebbene abbiamo raggiunto il tasso di vaccinazione tra i più elevati, continuiamo con regole stringenti e inadatte ad un settore che è fermo da due anni». Fatta eccezione per l’estate scorsa, le discoteche sono al palo dal marzo del 2020. Quasi due anni di inattività che ha raso al suolo un intero compartimento, con danni economici che hanno portato alla chiusura definitiva di molte attività. «Favorendo l’abusivismo - replica Rossetti - quest’estate non sono stati pochi gli chalet che hanno improvvisato piste da ballo eludendo ogni norma di sicurezza».

 

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Corriere Adriatico