Ancona, i medici comprano i kit di protezione per effettuare i tamponi a casa. «Non potevamo permettere visite in scarsa sicurezza»

La task force con i dispositivi di sicurezza
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ANCONA - Cento equipaggiamenti di protezione - camici, guanti, occhialini, mascherine - per le task force anti-Covid del distretto anconetano che, altrimenti, non avrebbero potuto cominciare ad effettuare i tamponi a domicilio per la carenza di Dpi. Ad acquistarli, a spese proprie, ci ha pensato la Fimmg Marche (Federazione italiana medici di Medicina generale) dopo l’allarme lanciato sul Corriere Adriatico dalla dottoressa Cinzia Calzolari, una delle coordinatrici del servizio Usca, allestito dalla Regione per i tamponi a domicilio. Nel capoluogo è stato un debutto a singhiozzo per le Unità speciali di continuità aziendali proprio per la carenza di dispositivi di protezione. «Non potevamo aspettare e così ci abbiamo pensato noi - dice il dottor Massimo Magi, coordinatore Usca del distretto Ancona Sud e segretario regionale Fimmg -. Il modello organizzativo è valido, funziona bene il collegamento tra i medici di famiglia e le Usca, con il tramite del medico coordinatore. Ma il problema dei Dpi è grave: ci abbiamo messo una pezza con l’acquisto di un centinaio di kit monouso. E’ come se un medico dell’ospedale pagasse di tasca sua una mascherina, ma noi non potevamo permettere che i nostri colleghi eseguissero visite a domicilio in condizioni di scarsa sicurezza.
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Corriere Adriatico