Confindustria, ad Ancona si consuma lo strappo: Paola Bichisecchi lascia la carica di direttore

Confindustria, si consuma lo strappo: Paola Bichisecchi lascia la carica di direttore
ANCONA Lascia, a un passo dalla pensione. Paola Bichisecchi ha presentato le dimissioni a metà dicembre. Una decisione, quella del direttore generale di Confindustria...

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ANCONA Lascia, a un passo dalla pensione. Paola Bichisecchi ha presentato le dimissioni a metà dicembre. Una decisione, quella del direttore generale di Confindustria Marche, che genererà il suo effetto dal prossimo primo maggio. L’ufficialità del caso: «Giunge a conclusione una brillante esperienza svolta da quasi quarant’anni, di cui oltre trenta con funzioni direttive e dal 2007 quale dg», è il passaggio saliente della nota che ha iniziato a circolare ieri, a metà pomeriggio. 

 

L’ordine 


Il controcanto è offerto da una lettura in filigrana di questo gesto, compiuto da chi ha vissuto direttamente l’evoluzione del sistema confindustriale, e che rimanda ad antiche ruggini e a un assetto contestato, da tanti e da molto tempo. L’ordine dei fattori prevede che l’associazione sia costruita come una federazione, ovvero sia la somma delle cinque territoriali, e dove il presidente regionale, nei fatti, sia un coordinatore. In questa logica, dei ruoli e dei veleni, c’è chi legge l’annuncio di quell’uscita di scena come uno strappo. Le tre organizzazioni principali del macroinsieme, ovvero Ancona, Macerata e Pesaro, avrebbero messo in discussione l’operato della struttura di raccordo, contestandone efficacia e costi. In sintesi: non c’è unità di vedute sulle modalità d’azione. 


Il comunicato


Una divergenza profonda che la Bichisecchi avrebbe vissuto sulla pelle come una critica diretta al suo operato. Lei che, tra le poche righe di un comunicato, viene narrata come una figura fondante: da sempre «ha fornito un infaticabile sostegno ai vertici dell’organizzazione e agli imprenditori associati». Parole che stridono con le convinzioni dei detrattori di quell’organismo che dovrebbe essere, al contrario, l'unione di coloro che “del fare” e del “made in Marche” hanno fatto una missione di vita. Insistono, le voci contro, con il muoversi su un piano parallelo, e soprattutto antitetico. Della serie: il collettore non funziona, ha scarsa capacità di mediazione e, quel che è peggio, di contrattazione. La loro convinzione: è più proficua la telefonata di un esponente di una delle cinque costole del gruppo, ai piani alti di Palazzo Raffaello - tradotto, al governatore Francesco Acquaroli - piuttosto che quella di chi è chiamato a garantire la sintesi. Ed è qui che si torna a battere sul tasto dolente delle spese ingiustificate per far sopravvivere una architettura che non porterebbe a casa il risultato. Un presunto attacco che la Bichisecchi, che dell’impegno ha fatto sempre la sua bandiera, non avrebbe accettato.


L’essenza 


Anatomia di uno strappo. A cui sono seguiti i saluti di rito del leader, fermano, Roberto Cardinali e di tutto il Consiglio di presidenza, che le esprimono «un sentito ringraziamento per l’opera svolta e per quello che farà nel tempo residuo del suo impegno quale dg». Essenza di una scelta. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico