Botte, minacce, estorsioni: erano l'incubo dei giovani in centro. Adesso i baby bulli pentiti fanno volontariato

I baby bulli erano stati fermati dalla polizia
ANCONA - Cinque percorsi di messa alla prova e un perdono giudiziale. È terminato così il procedimento nato nei confronti di una comitiva di bulletti finita davanti...

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ANCONA - Cinque percorsi di messa alla prova e un perdono giudiziale. È terminato così il procedimento nato nei confronti di una comitiva di bulletti finita davanti al giudice minorile per fatti avvenuti tra il 2018 e il 2020, quando era stato preso di mira – tra percosse, minacce, richieste di denaro –un gruppo di giovani, alcuni dei quali gravati da deficit cognitivi. Ieri, in udienza è stata vagliata la posizione di sei ragazzi e di una ragazza, tutti residenti ad Ancona e di età compresa tra i 17 e i 20 anni. Tra i reati contestati a vario titolo c’erano la violenza privata, percosse e minacce. Un 19enne doveva rispondere di estorsione e stalking. Quest’ultima accusa era riferita anche a un altro ragazzo, sempre di 19 anni. 

 


Il perdono giudiziale è arrivato nei confronti dell’unica ragazza finita nel mirino della procura diretta dalla dottoressa Giovanna Lebboroni. Per l’accusa, assieme ad altri amici, aveva preso parte alla derisione di un 17enne: era stato raggiunto da sputi e schiaffi. Per cinque giovani si aprirà, invece, un percorso di messa alla prova della durata di otto mesi. In questo lasso di tempo, dovranno sostenere attività rieducative e di volontariato. Se l’iter dovesse essere giudicato positivamente dal giudice, il procedimento verrà considerato estinto. Al settimo indagato è slittata l’udienza al 13 settembre perché ieri non era ancora definito il programma di Map. 


Nel gruppetto rientra anche un 20enne di origine rom che si trova attualmente relegato in comunità proprio un progetto di messa alla prova. Il percorso era stato varato dal giudice dopo l’arresto avvenuto nell’ottobre del 2020 per i reati di stalking e ed estorsione. Nel procedimento preso in esame ieri, nato da una costola dell’inchiesta che lo aveva portato in manette assieme ad altri tre ragazzi, deve rispondere di minacce e violenza privata nei confronti di tre diversi ragazzini. 


Uno, ormai 19enne, sarebbe stato costretto a chiedere una sorta di perdono, essendo stato giudicato come responsabile dell’espulsione da scuola del 20enne: «Adesso tu ti metti in ginocchio e mi chiedi scusa e per me sta cosa è finita». Tra le vittime dei bulletti la procura ha indicato anche una mamma, intervenuta a fine 2019 a piazza d’Armi, poco lontano dalle giostre, per difendere il figlio dalle botte. Il tenore delle minacce ricevute: «Vuoi un pugno anche te? Non scappare, vieni qui e ti facciamo vedere di cosa siamo capaci, fai venire tuo marito che lo lasciamo per terra». E ancora: «Nostro padre è il più forte», riferendosi all’appartenenza rom della famiglia. Un 18enne, minacciato in un’occasione («non mi guardare, ti stacco la testa»), aveva dichiarato agli agenti della Mobile: «Tre quarti della gente non esce più in città per non avere problemi». Il riferimento non era solo al gruppo finito ieri in aula, ma anche ai quattro arrestati nell’ottobre del 2020. 


Per quanto riguarda l’estorsione attribuita a un 19enne, fa riferimento alle continue richieste di denaro fatte a un 16enne. In almeno 17 occasioni gli sarebbero stati spillati i soldi sotto costante minaccia: «Ti spacco la faccia, ti spacco la testa, ti tiro un pugno che ti rientrano naso e denti». 

 

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Corriere Adriatico