Banda del piccone ​ladro tradito dal telefonino

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ANCONA - Una fotografia galeotta. E una cella telefonica rivelatrice. Sono i due indizi che hanno inchiodato quattro...

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ANCONA - Una fotografia galeotta. E una cella telefonica rivelatrice.










Sono i due indizi che hanno inchiodato quattro romeni, ladri professionisti, fermati ieri mattina dai carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile di Ancona mentre si aggiravano sospetti in via Conca, di fronte all’ospedale di Torrette, a bordo di un furgone Mercedes di colore bianco. Ora si trovano tutti a Montacuto. Gli inquirenti sono convinti che almeno uno di loro faccia parte della banda del buco che da gennaio ha devastato aziende, palestre, piscine e negozi dell’Anconetano. La stessa gang di cui sarebbero componenti i due romeni arrestati nella notte tra giovedì e venerdì a Falconara dopo un colpo alla Multiservizi e un inseguimento culminato nel tentativo di investire un maresciallo a Montemarciano.


Altri tre malviventi in quell’occasione sono riusciti a scappare, ferendo tre militari, a bordo di un’Opel Astra, poi ritrovata con all’interno picconi e mazze. I carabinieri sono certi di aver rintracciato almeno uno dei tre: Marius Muti, 27 anni, romeno. Ad incastrarlo, il cellulare rinvenuto all’interno del furgone bianco su cui ieri mattina viaggiava assieme ad altri tre connazionali di 38, 31 e 30 anni, tutti senza fissa dimora, uno trovato con 950 euro in contanti in tasca. Il telefono di Muti avrebbe agganciato una cella nei pressi di Falconara, giovedì notte, proprio mentre avveniva il furto alla Multiservizi: per questo è indiziato di delitto per il reato di rapina aggravata. Nessuna prova a sostegno della partecipazione al colpo, invece, per gli altri tre romeni che, però, sono accusati di ricettazione. Nel furgone, infatti, è stata rinvenuta una grossa quantità di oggetti di cui i quattro sospetti (sui quali gravano numerosi precedenti) non riuscivano a motivare la provenienza: una bicicletta da corsa di elevato valore, sette cellulari, due cassette di materiale idraulico, cavi di rame, macchine da caffè e anche due macchine fotografiche. E’ proprio da alcuni scatti rinvenuti in una di queste, dal display rotto, che i carabinieri sono riusciti a ricostruire la provenienza della refurtiva: foto che ritraevano un’auto incidentata. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico