Il "tarlo dell'orecchio", l'inconscio si fa musica: di cosa si tratta e quando si manifesta

Stralci di canzone risuonano inaspettatamente nella mente: è il 98,2% della popolazione mondiale a sperimentare il fenomeno La psicologa Luana Morgilli: «Capita spesso se si è sotto stress»

Il "tarlo dell'orecchio", l'inconscio si fa musica: di cosa si tratta e quando si manifesta
di Valeria Arnaldi
4 Minuti di Lettura
Giovedì 14 Marzo 2024, 06:40 - Ultimo aggiornamento: 07:28

Inaspettata, non legata ad ascolti recenti. Ritrovata tra chissà quali ricordi e, improvvisamente, di nuovo in mente, vivida e ben ritmata, “ferma” su pochi versi e note, ripetuti incessantemente.

È così che una melodia, che sia jingle o canzone, si fa “tarlo”. Lo dice la scienza, che ancora indaga le cause del fenomeno. Lo dimostra l’esperienza: a volte ci si sveglia con una canzone in mente, altre volte ci si sorprende a canticchiare sotto la doccia o al semaforo, passeggiando e via dicendo. L’öhrwurm, come lo definirono i ricercatori tedeschi alla fine dell’Ottocento, ossia l’earworm, “tarlo dell’orecchio”, stando a uno studio condotto da Sean Bennett dell’università di Cambridge su un campione di quattromila persone di 52 nazioni tra i 17 e i 71 anni, colpisce oltre il 98,2 per cento della popolazione mondiale. Insomma, pressoché tutti, prima o poi, con maggiore o minore frequenza - e soprattutto con più o meno fastidio - hanno fatto esperienza di questa sorta di musica della memoria, melodia che si ripete nella testa. 

IL RITMO 

«Le motivazioni scientifiche non sono ancora chiare - spiega la psicologa Luana Morgilli, consigliera dell’Ordine degli Psicologi del Lazio - si tratta comunque di ritmi molto ripetitivi, in cui si inserisce un elemento di discontinuità, che può dare fastidio ma è ciò che li caratterizza. Perlopiù a risuonare sono stralci di canzone, perché, grazie alle parole, la melodia diventa più facile da ricordare». È la mente a scegliere la “playlist”. «Il tarlo dell’orecchio si sente quando il cervello è in fase di quiete e diventa un modo per attivarlo o, al contrario, in fase di stress e allora la musica diviene una maniera per riportarlo all’equilibrio». Se è vero che il ritmo si impone alla memoria, lo è altrettanto che le parole hanno un peso da non sottovalutare. Secondo lo psicanalista Theodore Reik, vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento, che fu uno stretto collaboratore di Sigmund Freud, «le melodie che scorrono nella mente possono fornire all’analista un indizio per giungere alla segreta vita emotiva di ciascuno di noi». Portano allo scoperto, quindi, emozioni, preoccupazioni, sentimenti che, forse, non sono ancora ben chiari a chi li prova e vive, ma hanno già un loro “accompagnamento”. «Spesso si tratta di musiche o canzoni che vengono da ricordi lontani - prosegue Morgilli - può essere interessante indagarli, procedendo per associazioni tra ritmo e memorie.

Così, ad esempio, magari si canta in macchina una canzone, perché il proprio padre la ascoltava in auto e così via». Per alcuni, la musica si fa sentire occasionalmente ed è piacevole, per altri diventa un’ossessione, di cui è difficile liberarsi. Non si tratta di una patologia ma, quando la ripetizione è prolungata e frequente, può essere sintomo di un disturbo compulsivo. 

LE STRATEGIE

Stralci di canzone possono riportare alla mente ricordi e pure sollecitare riflessioni. Basta prestare la giusta attenzione all’occasione - in quali condizioni la musica si fa sentire - e ai passaggi strumentali e testuali, per quanto brevi. Secondo Bennett, i “tarli” sarebbe strumenti della memoria per fissare questo o quel ricordo. E per farlo poi tornare in mente, all’occorrenza, portando l’inconscio un po’ allo scoperto. A volte, però, questi motivi che risuonano in testa possono diventare davvero fastidiosi, rendendo difficile concentrarsi, anche perché non è tutto il brano a “risuonare”, bensì uno stralcio, di quindici, massimo trenta secondi, ripetuto più e più volte. «Per togliersi il brano dalla mente - afferma Morgilli - occorre concentrarsi su altro, di fatto bisogna distogliere il pensiero. Anche completare il brano, cantando o ascoltandolo tutto, può servire come scaccia-musica, perché il cervello passa comunque a un’altra attività». In ogni caso, può valere la pena fermarsi per un po’ ad ascoltare i messaggi che l’inconscio “canta” al nostro orecchio. Perché la musica, come diceva Charles Baudelaire, «vi parla di voi, vi racconta il poema della vostra vita».

© RIPRODUZIONE RISERVATA