Quel male invisibile delle donne che mina l'amore e la vita sociale

La vulvodinia colpisce una su sette ma non è riconosciuta dal Ssn: viene diagnostica in media con 5 anni di ritardo

Quel male invisibile delle donne che mina l'amore e la vita sociale
di Graziella Melina
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Giovedì 8 Febbraio 2024, 06:30 - Ultimo aggiornamento: 08:26

Non è riconosciuta dal servizio sanitario nazionale e spesso ignorata dai medici.

È la vulvodinia una patologia che colpisce una donna su sette. Si tratta di una patologia dalla diagnosi complessa poiché i dolori vulvari possono essere legati a varie patologie. 
La vulvodinia, inoltre, non si risolve naturalmente e compromette sensibilmente la qualità della vita della paziente, in particolare per quanto riguarda la sfera di coppia e sessuale. Si manifesta con un dolore bruciante o come punture di spilli, intermittente oppure continuo, in una delle parti più intime del corpo femminile, la vulva. Quando dura da almeno 3-6 mesi e non è riconducibile a lesioni, infezioni o altre specifiche patologie, probabilmente si è in presenza di vulvodinia. 


LA DIAGNOSI

Non ha un target specifico. Si presenta soprattutto in età fertile, ma può presentarsi anche in altri periodi della vita di una donna, dalla pubertà alla menopausa. Oltre ad impedire i rapporti sessuali i dolori ostacolano lo studio, il lavoro e la socialità e la possibilità di condurre una vita normale. Non riconosciuta dal servizio sanitario è spesso ignorata dai medici che tendono a liquidarla come disturbo psicosomatico, mentre ha solide basi biologiche, viene diagnosticata in media con 5 anni di ritardo. E dopo la diagnosi molte donne rinunciano alle cure, non potendole sostenere di tasca propria. 
Gli strumenti per tornare a stare bene cominciano a comparire sul mercato.

Tra questi, un gel per uso topico, presto disponibile nel nostro Paese, ha dimostrato di ridurre la vestibolodinia, il tipo più frequente di vulvodinia di oltre il 70%. È il primo prodotto sviluppato con indicazione primaria per questa patologia e testato nell’ambito di uno studio clinico. 


GLI EFFETTI

«Il dolore vulvare colpisce i genitali esterni femminili - ha spiegato la professoressa Alessandra Graziottin, direttore Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica all’Ospedale San Raffaele Resnati di Milano durante l’incontro Vulvodinia: guarire si può?! che si è svolto alla Camera - Si parla di vestibolodinia quando il dolore, di durata superiore ai 3-6 mesi, interessa il vestibolo vulvare e di vulvodinia quando interessa tutta la vulva. Può colpire non solo la vita intima e sessuale, ma anche tutte le sfere dell’esistenza, perché il dolore cronico è un divoratore esigente di energia vitale e di sogni». 
Ad oggi la diagnosi è basata sull’anamnesi della paziente e sulle sue percezioni soggettive. Per questi motivi tali patologie sono spesso sottovalutate o ignorate, anche perché spesso l’esame clinico non evidenzia nessuna lesione o segno evidente, pertanto il medico interpreta i disturbi lamentati dalla paziente come non ben specificati disturbi psichici o psicosomatici.


L’ASSISTENZA 

«La vulvodinia è tutt’altro che rara - ha commentato il professor Filippo Murina, direttore scientifico dell’Associazione Italiana Vulvodinia Onlus e Responsabile Servizio di Patologia del Tratto Genitale Inferiore presso l’Ospedale Vittore Buzzi dell’Università di Milano - Nonostante il suo pesante impatto sulla sessualità e sulla qualità di vita generale delle pazienti la malattia non è attualmente inclusa nei Livelli essenziali di assistenza. Una proposta di legge per l’inserimento della vulvodinia nei Livelli essenziali di assistenza e il suo riconoscimento quale condizione cronica e invalidante è stata depositata già due anni fa a entrambe le Camere. È cruciale far ripartire l’iter». 
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