Cuore, dall'inquinamento allo stress: i nuovi fattori di rischio. Il cardiologo: «Interagiscono in modo imprevedibile»

Ricerca coordinata dalla Fondazione Policlinico Universitario Gemelli. Il cardiologo Montone: interagiscono in modo imprevedibile

Cuore, dall'inquinamento allo stress: i nuovi fattori di rischio. Il cardiologo: «Interagiscono in modo imprevedibile»
di Antonio G. Rebuzzi*
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Giovedì 8 Febbraio 2024, 07:20 - Ultimo aggiornamento: 11:22

Il cuore è sotto assedio. Ai cosiddetti fattori di rischio tradizionali, dall’ipertensione al diabete al colesterolo alto, se ne sono ormai aggiunti altri.

L’elenco dei nemici si è allungato, sono stati individuati quelli 3.0. Li ha intercettati la ricerca e anche noi cardiologi ci facciamo i conti ogni giorno quando ascoltiamo la storia del paziente. Il 15% degli infartuati, infatti, oggi non presenta alcun fattore di rischio noto. Ora abbiamo la possibilità di avere nero su bianco l’intera gamma degli assalitori del cuore. Un’ampia revisione, pubblicata su European Heart Journal coordinata da ricercatori di Fondazione Policlinico Universitario Gemelli IRCCS-Università Cattolica, in collaborazione con esperti americani (Deepak Bhatt del Mount Sinai di New York e Sanjay Rajagopalan della Case Western Reserve University di Cleveland) ha preso in esame i fattori di rischio cardio-vascolare del Terzo Millennio.

Al primo posto troviamo l’inquinamento atmosferico. Quando i livelli si innalzano, sono maggiori le probabilità di andare incontro a infarto. Questo accade soprattutto se i livelli di ossido nitrico e polveri sottili sfondano i parametri di tollerabilità. L’inquinamento atmosferico da solo può ridurre l’aspettativa di vita di 2,9 anni (il fumo di tabacco la riduce di 2,2 anni). Le ondate di calore (“figlie” dei cambiamenti climatici) sono, inoltre, sempre più frequenti e una prolungata esposizione al caldo è stata di recente correlata ad aumentato rischio di mortalità cardiovascolare. L’insieme delle due condizioni, inquinamento e innalzamento della temperatura, è spesso presente nelle grandi città. Una condizione che porta anche a raddoppiare il rischio. Da non sottovalutare, secondo l’analisi, anche l’inquinamento luminoso e sonoro. Alterando gli ormoni dello stress e i ritmi circadiani (con la deprivazione o frammentazione del sonno) possono peggiorare lo stress ossidativo e la risposta infiammatoria, portando a disfunzione endoteliale, a una maggior aggregabilità delle piastrine e promuovendo così la comparsa di cardiopatia ischemica.

«Sebbene negli anni i trattamenti contro i fattori di rischio tradizionali siano diventati sempre più efficaci, la cardiopatia ischemica – sottolinea Rocco Montone, cardiologo presso la UOC Cardiologia Intensiva di Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS-Università Cattolica e prima firma dello studio – resta la principale causa di morte nel mondo. Per questo, l’attenzione si sta allargando a tutto ciò che ci circonda, al mondo nel quale siamo immersi. Fatto di inquinamento, virus, problemi economici e psicologici che, a loro volta, possono contribuire in maniera sostanziale a determinare e perpetuare il problema. Questi fattori di rischio interagiscono in modo imprevedibile, spesso potenziandosi tra loro. Ecco perché è necessario considerarli nella loro totalità».
Tra i nuovi arrivati, oltre all’inquinamento (aria, suolo, acqua, esposizione a sostanze chimiche) anche i fattori socio-economici e psicologici (stress, depressione, isolamento sociale) e le malattie infettive come l’influenza e il Covid-19.
Una delle complicanze più comuni delle infezioni gravi è il danno cardiaco. Le respiratorie come l’influenza e il Covid-19, ma anche le parodontiti e le infezioni da Helicobacter pylori e Chlamydia sono correlate a un aumento rischio cardiovascolare. Aumentano l’infiammazione sistemica, lo stress ossidativo, l’attivazione piastrinica e possono danneggiare direttamente le cellule del cuore (miociti).
Da non sottovalutare la salute mentale, legata a doppio filo a quella del cuore.

Lo stress determina una iper-attivazione del sistema nervoso simpatico che può portare a ipertensione arteriosa, mentre l’aumentata produzione di cortisolo dai surreni, può promuovere insulino-resistenza e favorire la comparsa di obesità viscerale.

*Professore di Cardiologia Università Cattolica, Roma

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