Giorgio Zaganelli, imprenditore edile: «Giocavo a costruire le casette in legno»

Giorgio Zaganelli, imprenditore edile: «Giocavo a costruire le casette in legno»
Giorgio Zaganelli, imprenditore edile: «Giocavo a costruire le casette in legno»
di Valentina Berdozzi
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Domenica 5 Maggio 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 13:30

Fare un passo avanti, fermarsi di colpo, girarsi a guardare quel che si ha alle spalle e poi riconoscere, con tanta soddisfazione e una punta di orgoglio, di essere stati gli artefici di tutto. È un brivido, una vertigine di felicità impastata con il sudore e il cemento. Alle fondamenta di questa costruzione, un ingegno vibrante e la saggezza del bambino che è stato «adulto sin da piccolo». Esordisce così, parlando di sé, Giorgio Zaganelli, imprenditore edile di San Severino e presidente del Rotary Club Tolentino, mentre una risata colora le parole: l'inclinazione innata per la concretezza e quel lato riflessivo e meticoloso del carattere sono i compagni di un viaggio che impila momenti importanti come piccole parentesi, gli uni sugli altri a formare quella costruzione speciale che è il passato.

La campagna

Alle sue fondamenta - racconta Zaganelli - c'è tutto l'entusiasmo del bambino cresciuto libero, in campagna: «Fino alla terza media questo è stato il mio mondo, fatto di libertà, spensieratezza, tiri a pallone nel campo da calcio della frazione di Aliforni e un ineguagliabile talento per fare, costruire e organizzare». Qualche esempio? «Sono sempre stato un promotore - esordisce - da ragazzo, il bar della frazione di Corciano, dove sono cresciuto, è stato il punto di ritrovo per non si sa quanti tornei di calcio organizzati tra San Severino e i paesi limitrofi. Per non parlare di quando, ancora più giovani, ci riunivamo tra coetanei e allestivamo spettacoli circensi o teatrali, come quella goldoniana Locandiera completamente allestita in autonomia». Ma la prova del nove in quanto a passione e capacità organizzative è stata una parentesi di vita tutto sommato limitata, ma solo se si considera la sua estensione temporale e non le radici salde nel cuore: «Dai 13 ai 17 anni, la mia vita è ruotata attorno al motocross e ai brividi che sapeva regalare - inizia - sarà stato per la vicinanza al crossodromo di San Pacifico o per il fatto di condividere questa passione con tanti amici e coetanei, fatto sta che per quattro anni della mia vita, le moto da cross sono state sport, adrenalina, bellezza e divertimento. E anche tante ore passate a casa ad armeggiare tra motori e strumenti vari: come quello di ogni appassionato che si rispetti, anche il mio garage era una vera officina perché all'epoca soldi non ce n'erano e, per riparare le rotture, bisognava rimboccarsi le maniche - ride - purtroppo, uno spaventoso incidente in vespa assieme a un mio amico, a 17 anni, mi ha costretto a chiudere per sempre questa parentesi: i miei genitori si spaventarono così tanto che mi convinsero a vendere le moto e a mettere un punto alla mia carriera da motociclista.

Con i soldi ottenuti, però, comprai uno dei primi calcolatori elettronici che, con un mio amico e compagno di classe, oggi ingegnere, Silvano Biancucci, programmammo in maniera tale da poterlo usare durante i compiti in classe di estimo o di costruzione dimezzando i tempi e ottimizzando i risultati. In dieci minuti riuscivamo a fare calcoli che altrimenti avremo svolto in un'ora e mezza. Fu davvero un investimento non male». La tecnologia è sempre stata una risorsa per chi l'ha saputa cavalcare a dovere. Nella memoria, allora, si riaccende assieme ai ricordi quel vecchio trasmettitore ceduto da «un ragazzo più grande, un ferroviere che si era trasferito da Ancona a San Severino per lavoro. Era il '78 e quel dono si trasformò presto in radio Ali, la radio libera che trasmetteva dalla collina di Aliforni. Prima di dare avvio alle trasmissioni, io e miei amici facemmo una colletta con cui comprammo una decina di vinili: a giro, trasmettevamo sempre le stesse canzoni, ma a dispetto di una programmazione musicale non certo brillante, fu un'esperienza davvero divertente».

Il divertimento

Era un modo nuovo di divertirsi. Il modo vecchio, invece, risiedeva tutto nelle mani e in quei cantieri in cui, figlio di padre imprenditore edile, Zaganelli ricorda di aver camminato prestissimo: «Adoravo i cantieri, attraversarli assieme a mio padre, respirare il profumo del cemento. Varcavo la soglia e cominciavo subito a fare qualcosa, che fosse costruire per conto mio casette di legno o maneggiare gli attrezzi. Ricordo ancora lo stupore di mio padre, che pensando di passare inosservato, si nascondeva e diceva alla persone di guardarmi mentre, arnesi in mano, in mezzo a quelle costruzioni sembravo un piccolo grande uomo».

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