Forse non è il primo, ma non importa. È la memoria collettiva ciò che conta, è il segno indelebile sull’immaginario creativo a fare la differenza.
Tra appassionati e retro-giocatori è un must, nell’iconografia moderna è il certificato di nascita della rivoluzione, e – un anno fa – per il cinquantennale è stata grande festa. Pong non è, convenzionalmente, solo il primo videogioco a diffusione di massa: è un confine culturale, è il big bang che ha dato l’avvio all’industria del gaming, nel tempo diventata intrattenimento per tutti e su tutto, ma anche scienza, arte, realismo, universo, persino stile di vita. Quando vi immergete nella dimensione “open world” di un mondo parallelo, quando “quel gol sembra fatto alla Playstation”, quando scaricate l’ultimo giochino su app per ingannare l’attesa alla fermata della metro, ecco: ringraziate Pong e pensate a un sfondo nero, a due cursori e a una pallina bianca, e a un paio di suoni ruvidi e stridenti. Grafica scarna, essenziale, così ingenua e romantica. Preistoria videoludica, che però ha fatto la storia. Gli albori dei videogiochi sono confusi: tracce negli anni ‘50, indizi concreti nel decennio successivo, le prime, vere pietre miliari negli anni ‘70. Ed è proprio il 29 novembre 1972 che viene lanciato Pong, marchio Atari, cioè la società americana sinonimo per antonomasia del videogaming prima che la giapponese Nintendo ribaltasse il tavolo. Pong si presentò con il vecchio cabinato in legno nei bar: l’esordio fu in un locale di Sunnyvale, in California. Il gestore chiamò dopo una settimana perché i troppi quarti di dollaro l’avevano bloccato: cominciò così l’era dei videogiochi coin-op. Pong non fu il primo, ma quello che decretò il successo e l’inizio di una nuova era. Eppure nacque quasi a fari spenti: Nolan Bushnell, il fondatore di Atari, chiese ad Allan Alcorn, giovane programmatore digiuno di design videoludico, «il gioco più semplice possibile». I progenitori, a dire il vero, non mancavano: “Computer space” dello stesso Bushnell era un coin op, “Odyssey” era la console casalinga della Magnavox che proponeva già un ping pong. Ma mancava lo scintillio, che evidentemente Pong aveva. Nel 1975 arrivò la versione casalinga, con una rudimentale console ridotta al minimo: la tv, così, diventò per sempre uno strumento interattivo.
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