Paolo Jannacci alle audizioni live
di Macerata tra tanti ricordi e futuro

Enzo e Paolo Jannacci
Enzo e Paolo Jannacci
di Agnese Testadiferro
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Giovedì 25 Febbraio 2016, 21:43 - Ultimo aggiornamento: 21:44
MACERATA - Paolo Jannacci ospite alle audizioni live di Musicultura. Appuntamento il 26 febbraio alle ore 21 al Teatro della Società Filarmonica di Macerata. Questo è l’ultimo weekend per la selezione dei cantautori che hanno come obiettivo la XXVII edizione del Festival in programma per giugno. A sfidarsi Giulia Olivari di Bologna,  Flavio Secchi di Cagliari, Evol de L’Aquila, Giulia Catuogno di Palermo e il maceratese Simone Cicconi già vincitore di Musicultura 2013.

Dopo 12 anni sale sul palco anche Paolo Jannacci, che nel 2004 fu ospite di Musicultura quando si chiamava Premio Città di Recanati. Quell’anno era in coppia con il padre Enzo. E fu proprio il padre ad avvicinarlo al suono dello strumento per il quale le Marche tiene alta la bandiera: la fisarmonica

Cosa ci riserva?
Ho già in mente la mia scaletta, ma forse la stravolgerò. A me capita che quando entro in un teatro, in un posto dove mi esibisco insomma, respiro un’atmosfera tale che mi fa anche stravolgere i piani e cambiare idea su quello che avevo pensato per lì.

Ma la scaletta cosa potrebbe prevedere?
Un brano di Conte, uno di papà e uno di Tenco. E poi un brano strumentale.
Qual è il quid in più che porterà sul palco? Il mio backgroud culturale maturato in trenta anni, ma che sta venendo fuori solo adesso (sorride ndr). Tutto quello che ho vissuto con papà sin dall’inizio.

Lo ha sempre apprezzato suo padre Enzo?
A dire il vero ho scoperto due anni fa che lui era un poeta.

Come è nato l’amore per la fisarmonica?
Era il 1992 e mio padre in vista di una nostra tournée disse: “qui ci vorrebbe la fisarmonica!”. Lui chiese a me di suonarla, ma io risposi che non sapevo farlo. Mi disse semplicemente “impara a suonarla, ci servirà”. Fu così che inizia ad amarla ed oggi ne ho sei, tra nuove e restaurate, e ognuna ha la sua anima.

Quando ha deciso di fare quello che fa oggi?
A 17 anni. Mi sono detto che la musica sarebbe stata il mio mestiere, la mia professione. Decisi così di orientare tutti i miei studi verso quell’obiettivo. Ho voluto sin da subito svincolarmi dalla figura di papà, ed occuparmi della produzione. Io non volevo essere uguale a lui, perché mi sentivo più musicista che cantante.

Che idea ha dei talent?
Positiva. Credo che non ci debbano essere barriere strutturali, come ce ne sono quando si parla dei talent: da chi giudica troppo io prendo un po’ le distanze. L’importante è che i ragazzi siano capaci di accettare eventuali delusioni. Non mi piace però quando in tv fabno vedere l’intimità di questi artisti, gli aspetti che non riguardano la musica.

Lei era legato ad Umberto Eco, le manca?
C’è una parte di me che si sente sola dopo la sua scomparsa. Approfitto di questa intervista per rivolgere a lui un pensiero di affetto, alla sua famiglia e a tutti gli insegnamenti che ci ha dato. A lui e a Dario Fo mi sento molto legato. Si crede sempre di essere immortali, mentre invece non è così …e quando perdi una persona ne capisci il vero valore.

Programmi per il futuro?
Sto lavorando a due dischi diversi, uno jazz e l’altro pop. Essendo lavori di ricerca non mi sono dato una tempistica per l’uscita perché voglio sia fatto bene. Magari chissà, riuscirò a far uscire un doppio, con dentro le due anime di Jannacci! Tutto ciò lo sto facendo parallelamente allo spettacolo che sto portando in scena, “In concerto con Enzo”, in cui ci sono miei e suoi brani. Più suoi che miei! 
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