Macerata, il coreografo Mauro Astolfi: «La danza come evasione». Lo spettacolo oggi e domani al Teatro Lauro

Macerata, il coreografo Mauro Astolfi: «La danza come evasione»
Macerata, il coreografo Mauro Astolfi: «La danza come evasione»
di Chiara Morini
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Mercoledì 24 Gennaio 2024, 02:50 - Ultimo aggiornamento: 25 Gennaio, 06:59

Il fascino della danza unito alle emozioni della musica: va in scena oggi e domani, mercoledì 24 e giovedì 25 gennaio, alle ore 21 al Teatro Lauro Rossi di Macerata, “L’arte della fuga” di Spellbound su coreografia di Mauro Astolfi, musiche di Bach, arricchite dalla musica originale di Davidson Jaconello (info 0733230735).

Mauro Astolfi, come mai ha scelto quest’opera di Bach?

«L’arte della fuga è una liberissima ispirazione alla composizione di Bach. L’ho voluta anche per il titolo: abbiamo preso alcuni pezzi della partitura originale e lavorato poi su Bach nel suo complesso. Se si cerca assolutamente una partitura musicale poi si rischia di svilire l’opera finale. Non c’è mai un motivo per cui si sceglie la musica». 

Quanto le piace Bach?

«Da morire! Lo uso da sempre, perché non ha età o epoche, la sua musica si può collocare allora come oggi, va benissimo anche nella contemporaneità».

Cos’è per lei la fuga?

«Una fuga è fatta ad arte se nessuno se ne accorge, se anzichè scappare da qualcosa o qualcuno, mi confondo con gli altri, mi vesto come loro, uso le loro parole. È un lusso contemporaneo, il lusso di sapere quando ci si deve defilare. Oggi si deve studiare come fuggire, prima era più semplice nascondersi. Oggi bisogna per esempio spegnere il telefono per isolarsi. Lo spettacolo era nato per l’esigenza di vedere come non si deve stare sempre al centro dell’attenzione di chi ci sta intorno. Noi abbiamo delle grandi pareti che si muovono quasi a rappresentare un momento di ricovero, dove nascondersi e magari incontrare qualcun altro che è fuggito da qualcosa».

Come può la danza aiutare a fuggire?

«Ci si riesce. Io non amo molto la danza che racconta la solita vita, preferisco di gran lunga quando parla di un’altra dimensione.

La danza ti fa andare verso altre emozioni, ti fa evadere da tutto».

Perchè fare danza e vederla?

«La danza è un antidoto a quello che ci accade, fa evadere dalle solite cose, dalle solite informazioni. La danza ti purifica, è quasi una necessità, almeno per me: è il momento con il quale evito di precipitare nella spirale di notizie quotidiane».

L’ha scelta per queste motivazioni?

«In realtà non ho scelto di fare danza. Ero appassionato di quello che il corpo poteva fare e comunicare e la forma più sofisticata è proprio la danza».

Ha fondato Spellbound trent’anni fa, come si è evoluta la danza in questo periodo?

«Sicuramente si è molto sdoganata dal balletto classico e dalle produzioni neoclassiche e post moderne, con riflessi Usa. Ora il centro è in Europa, oggi c’è una ricerca che prima era assente, prima c’erano solo tanti pensatori, oggi si può studiare, ma c’è anche molta speculazione in questo».

Cosa intende con “speculazione”?

«Intendo dire che ci sono molti che dicono “ho una compagnia, quindi sono un coreografo”. Sono aumentati, ma ci sono anche molti autori interessanti. Noto anche che qualcuno sceglie la danza dopo aver provato con il canto e con il teatro».

C’è anche chi fa la scelta inversa, come per esempio Stefano De Martino…

«Lui ha saputo sfruttare le proprie possibilità, ha avuto l’occasione di lavorare in tv e l’ha fatto. Lo conosco da quando era ragazzino, è stato mio studente in uno stage, è uno capace. E ripeto: ha capito come muoversi nel momento giusto».

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