Bosso, genio del pianoforte a Cagli
«La musica è un inno alla gioia»

Il Maestro Ezio Bosso
Il Maestro Ezio Bosso
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Giovedì 18 Maggio 2017, 11:22
CAGLI - In esclusiva regionale, Ezio Bosso sarà questa sera a Cagli con il suo “The 12th Room - Concerto per Piano Solo”. L’incredibile pianista, porta sul palco del Comunale il suo concept album meta-narrativo che attraversa dodici stanze della vita: storie che rivelano da dove egli proviene e le radici della musica che scrive, rivelando i due musicisti che convivono in lui: il compositore e l’interprete.
Maestro, come e quando è nata la sua passione per la musica e per il pianoforte?
«Difficile da dire, evidentemente è la natura. E’ stato il mio fratello maggiore ad accorgersi che io mi “bloccavo” davanti agli strumenti a 4 anni. Non mi hanno messo subito al pianoforte ma mi hanno fatto fare solfeggio e ci ho messo tutto l’impegno possibile perché il patto era che quando avessi imparato bene il solfeggio avrei finalmente potuto toccare il pianoforte. Ci riuscii tra i 4 e i 5 anni».
Per le sue composizioni, quali sono le ispirazioni e come tradurle in musica?
«Tutto nasce dal fatto che, da sempre, studio tantissimo e che la musica è come i vasi comunicanti e io sono un derivato. Beethoven è il mio papà e il mio mestiere è quello del direttore. Scrivo la musica perché ne ho tanta: la studio, ne conosco la forma, l’orchestrazione e la metto sulla carta. Di solito l’ispirazione arriva da un’esperienza che riguarda l’esistenza ma non solo la vita: davanti a cartelli stradali così come agli oceani o agli alberi. E’ un’occasione per studiare botanica, meteorologia, oceanografia. La musica è così, quando si studia Bach si studia anche la sua storia, la geografia. Lo studio libera la conoscenza. Bisognerebbe ricordarsi che la musica è una lingua e ha le sue regole, se la conosci bene ti esprimi meglio. La non è musica fare vedere quanto si è belli ma un atto di amore e responsabilità con il coraggio di impegnarsi sempre».
In “The 12th Room” ci sono le radici della sua musica?
«È il primo disco che ho fatto. Io non esisto, sono solo al servizio della musica, è tutto ciò che amo. Non mi interessa essere un fenomeno, ma una persona ed una persona è fatta di ciò che ama e studia ogni giorno. Sentirete sia da dove vengo che dove arrivo. Sono Bach, Chopin, Cage e, a volte, convivo anche con Ezio Bosso».
Ha toccato i palcoscenici di tutto il mondo, quale le è rimasto nel cuore?
«Non saprei dire, quello che so è che ogni volta che sono arrivato fino in fondo ad un brano, ogni volta che ho visto il sorriso di una persona, o diecimila, sono l’uomo più felice del mondo».
Il 2 giugno dirigerà l’Orchestra da Camera di Mantova, un ritorno a casa?
«Sì dirigo l’Orchestra che è stato uno dei primi lavori nella mia vita, suonavo per mantenermi e continuare a studiare e lì ho imparato tanto di quello che so. Torno dopo più di 20 anni dall’altra parte: un dono prezioso. Ogni volta che hai fatto musica in un posto lo hai fatto diventare casa tua».
The Venice Concert è un canto di gioia, un inno alla gioia come quello di Beethoven?
«Ogni volta che c’è la musica è un inno alla gioia, parte da questo presupposto: ci sono brani che amo, c’è una storia. Tra le tante magie della musica ci sono tante storie da raccontare e da andare ad esplorare, ma la musica è la gioia principale».
Un breve tour che fa tappa nelle Marche, le piacciono?
«Per me le Marche sono la regione più sottovalutata d’Italia: un posto meraviglioso. Vado dove mi chiamano, ma torno sempre volentieri nelle Marche posto meraviglioso. Speriamo che anche un piccolo concerto come il mio possa fare venire gente ad apprezzare il vostro territorio e poi lo dica in giro».
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