L’astrofisico Pareschi dell’Osservatorio di Brera: «Raggi ultra-violetti nella lotta al Covid»

L’astrofisico Giovanni Pareschi
L’astrofisico Giovanni Pareschi
di Lucilla Niccolini
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Mercoledì 10 Febbraio 2021, 07:20

ANCONA - L'Osservatorio di Brera è da sempre un polo di eccellenza nello studio dell'Universo nei suoi diversi aspetti. Dal 2001 fa parte dell'Istituto Nazionale dell'Astrofisica (INAF), insieme ad altre 16 strutture di ricerca distribuite sul suolo nazionale. L'INAF in questi mesi ha messo a disposizione le proprie esperienze e competenze per fronteggiare la crisi pandemica, attraverso uno specifico programma di ricerca e sviluppo, coordinato da Giovanni Pareschi, direttore dell’Osservatorio di Brera dal 2008 al 2014.


Dottor Pareschi, che relazione tra l'astrofisica e la lotta alla diffusione del Covid?
«Le tecnologie dell'ultra-violetto, impiegate nell'astrofisica, ora possono essere applicate alla disinfezione di ambienti e superfici. È noto da più di 100 anni che la radiazione ultravioletta può inattivare virus e batteri, e i primi esperimenti di disinfezione delle acque furono fatti usando la luce del Sole, con le sue componenti ultraviolette UV-A e UV-B. Tuttavia, l’inattivazione maggiore della capacità di replica dei microrganismi si raggiunge con la cosiddetta radiazione UV-C, quella componente dello spettro, pure prodotta dal Sole, ma che - per nostra fortuna, essendo nociva per la pelle e per gli occhi - non raggiunge il suolo terrestre, assorbita dalla strato di ozono nella stratosfera. L'INAF, insieme all’Università di Milano, ha misurato la capacità di inattivare il virus SARS-COV-2 da parte dei raggi UV-C, generata da una comune lampada a fluorescenza al mercurio, del tipo usato negli acquari, dimostrando l’alta efficacia di questo metodo, se opportunamente implementato, come presidio in grado di contrastare la pandemia».

 
E per quanto concerne l'applicazione di sensoristica sofisticata nelle misure di parametri inerenti alla diagnostica dei contagi con tecnologie derivate dalla strumentazione astronomica?
«L'INAF sta cercando di sfruttare le proprie competenze anche in questo settore. A questo proposito sono molto promettenti alcune tecnologie sviluppate per l’analisi delle atmosfere di altri pianeti, per esempio Marte, riadattate in questo caso per effettuare l’analisi dell’aria in ambienti chiusi. Inoltre stiamo studiando l’uso di tecniche di spettroscopia nelle microonde - già in uso per l’esplorazione del cosmo con radio-telescopi - per l’analisi di campioni organici di potenziali pazienti Covid».


Torniamo alle origini: dal prestigio acquisito con le osservazioni di Schiaparelli, alla fine dell'800, per le mappe marziane, alle presenti osservazioni in collaborazione con gruppi di ricerca internazionali. Quali i progetti più rilevanti del momento, che ci vedono partecipi?
«Schiaparelli utilizzò per la prima volta metodi moderni per la realizzazione di mappe di altri pianeti e la NASA tuttora usa la nomenclatura da lui assegnata per individuare le diverse aree geografiche di Marte. L’Osservatorio di Brera, nel contesto dell’INAF, continua a essere impegnato in ricerche di alto profilo, spesso effettuate in collaborazione con prestigiosi istituti internazionali, come NASA, ESA e ESO. In questo momento stiamo svolgendo, con il satellite Swift e altri telescopi, uno studio dei Gamma Ray Burst (GRB), i lampi gamma associati a fenomeni di altissima energia, come la nascita di supernovae in altre galassie.

E stiamo contribuendo a realizzare strumentazione all’avanguardia, che ci aprirà nuove finestre osservative del nostro Universo, come per esempio il telescopio di 37 metri “Extreme Large Telescope” in Cile e il progetto ASTRI per astronomia in raggi gamma da Terra, con suoi 9 telescopi da 4 m, in corso di installazione sulle pendici del vulcano Teide, a Tenerife nelle Isole Canarie».


Osservazione, misure, elaborazione dei big data. Come sta cambiando la ricerca astrofisica con la disponibilità delle innovazioni digitali?
«Possiamo processare molti più dati osservativi e molto più velocemente. Questo ci permette analisi e correlazioni impensabili prima, e di poter formulare modelli astrofisici sempre più dettagliati, similmente a quanto avviene nel campo della fisica particellare».


Quali sono le tecnologie, hardware e software, a maggior impatto nell'immediato futuro?
«I telescopi per raggi gamma da Terra basati sulla tecnica Cherenkov, su cui si basa il progetto ASTRI, ci permetteranno lo studio di fenomeni relativistici estremi, come l’accelerazione dei raggi cosmici che colpiscono continuamente la superficie terrestre ma di cui, al momento, ignoriamo l’origine. Pensiamo tuttavia si debbano ricondurre a resti di supernovae giovani, come quelle osservate da Giovanni Keplero e Tycho Brahe tra la fine del ‘500 e l’inizio del ‘600, e che la loro fenomenologia sia rivelabile con i raggi gamma. Ci aspettiamo molto anche dall’interferometria nel radio realizzata tramite il progetto SKA (Square Kilometer Array) che, con i suoi due siti in Sud Africa e Australia e la sua moltitudine di antenne, permetterà di raggiungere definizioni di immagine incredibilmente alte, permettendo di studiare in dettaglio importanti fenomeni cosmici e zone di cielo “affollate” di sorgenti come il centro della via Lattea».


Pensa che avranno impatto anche nella formulazione dei modelli interpretativi sull'evoluzione dell'Universo, sviluppatasi in condizioni di disponibilità tecnologiche decisamente inferiori?
«Certamente, la mappatura dell’Universo, in dettaglio e in profondità, è di fondamentale importanza per questi studi. La possibilità di ottenere l’immagine degli aggregati di stelle e galassie in epoca primordiale con questi nuovi strumenti ci permetterà di affinare e consolidare alcuni modelli cosmologici, escludendone altri».


E per quanto concerne risorse e competenze umane del settore in Italia, consistentemente a finanziamento pubblico e privato?
«Le nostre università sono tra le migliori al mondo, e i giovani ricercatori che vi si sono formati spesso poi popolano i più importanti centri di ricerca nel mondo. Tuttavia anche in Italia è possibile svolgere ricerca nel campo dell’Astrofisica e della Cosmologia ad alto livello e questo si riflette, per esempio, nell’alto numero di pubblicazioni di ricercatori italiani nelle più importanti riviste scientifiche del settore e nei progetti per nuovi strumenti in cui siamo impegnati».
 

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