ANCONA - È anconetano, il direttore di produzione di “Blanca”, il giallo Rai che martedì ha toccato, con l’ultima puntata, il 28% di share.
Lorenzo Luccarini, che esperienza è stata lavorare a questa fiction?
«Galvanizzante. Si è capito subito, dai ritmi impressi al racconto dai registi Jan Maria Michelini e Giacomo Martelli, dall’ambientazione, a Genova, e dalla colonna musicale, affidata al gruppo Calibro 35. Ed è stato esaltante girare con un’attrice vedente nel ruolo di una cieca. Maria Chiara Giannetta era chiamata a un compito molto particolare, difficile, per il quale ha avuto la consulenza di Andrea Bocelli. Un rapporto privilegiato: lui le ha dedicato molto del suo tempo, per farle capire le sensazioni di un non vedente alle prese con la vita di tutti i giorni. E lei è entrata nel personaggio, ha creato la normalità, ha assunto con disinvoltura un comportamento “naturale”, che però sfiora l’eccezionalità».
Una super eroina dei nostri giorni.
«Per l’appunto questa era la difficoltà: non farne una persona che sembrasse dotata di poteri soprannaturali».
Girare a Genova, nel porto, per un anconetano. Che sensazioni?
«Il fatto di aver lavorato, anni fa, al porto di Ancona, mi ha agevolato con i problemi di logistica, com’era già successo a Napoli, a Cagliari. Genova è una città difficile, molto attiva, tutti lavorano, e difficilmente si fermano. Poi, volevamo girare alcune scene nella zona del ponte Morandi, senza turbare la sensibilità degli abitanti del quartiere Certosa: non avremmo mai potuto filmare omicidi dov’era avvenuta una tragedia così grande, che ha lasciato molte ferite aperte. Bisogna dire che gli abitanti si sono dimostrati molto accoglienti e collaborativi».
Non dev’essere facile trasformare un porto in un set.
«Soprattutto a Genova, uno dei massimi scali del Mediterraneo. Ma abbiamo avuto sostegno e partecipazione da parte di tutti. Poi, abbiamo girato tante scene anche altrove, come per la seconda puntata, con invenzioni scenografiche, che ricostruiscono una dimora nobiliare, tra Palazzo Farnese di Caprarola e Palazzo Patrizi, a Roma. Ne è uscita una bella integrazione tra ambienti e atmosfere».
Parliamo degli interpreti?
«Molti sono genovesi. Della Giannetta, conoscevo la bravura per avere lavorato con lei in “Buongiorno, mamma!”, in cui interpretava la parte di una ragazza in coma. È riuscita a dare a Blanca quell’atteggiamento fiducioso in mezzo ai pericoli, su e giù per i caruggi, dove nessuno ti nota, tutti presi dal loro lavoro, in un mondo distratto, irto di pericoli. E trovo interessante la resa di quello che lei vede, nella sua “camera nera” della mente, dove sono vividi i colori: lei continua a vederli».
Poi, c’è Linneo.
«Un portento, un bulldog americano, che non è un animale addestrato, ma ci ha colpito per la stazza e soprattutto per quello sguardo celeste, espressivo».
Il suo mantello bianco e grigio contrasta gradevolmente con gli abiti colorati di Blanca.
«Si devono a una geniale costumista osimana, Monica Saracchini. Dovevano creare un forte impatto sul grigiore metallico del porto, e contro i panorami azzurrati, da togliere il fiato. Abbiamo colorato il suo mondo interiore, e quello esteriore. Genova non è sempre così vivace, l’abbiamo cercata».
Vi aspettavate tanto successo?
«Ripeto, abbiamo avuto subito la sensazione di fare qualcosa di diverso. All’inizio è stata dura, in piena pandemia, con tutti gli impedimenti del caso. Ma c’è sempre stata molta sintonia, percepivamo un’energia magica, giorno dopo giorno».
To be continued?
«Se ne parla.