Con il duo comico Ficarra & Picone
si ride a crepapelle con Aristofane

Salvo Ficarra e Valentino Picone in una scena dello spettacolo "Le rane"
Salvo Ficarra e Valentino Picone in una scena dello spettacolo "Le rane"
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Giovedì 20 Dicembre 2018, 15:40
ANCONA - Come riaccendere la comicità di una commedia che risale a due millenni e mezzo fa? Semplice: scegliendo, per interpretare “Le rane” di Aristofane, Salvo Ficarra e Valentino Picone, una delle coppie più esilaranti del panorama italiano. Il regista Giorgio Barberio Corsetti ha fatto una scelta felice, confermata dal successo dello spettacolo, che ha debuttato al Teatro Greco di Siracusa, trasmesso in tivù con un ottimo share di ascolti. La commedia si presenta alle Muse di Ancona, da oggi (ore 20,45) fino a domenica (ore 16,30), per la stagione di prosa di Marche Teatro. 

Ficarra & Picone, che effetto vi ha fatto essere designati a interpretare Dioniso e il suo servo Santia?
«Abbiamo pensato che Giorgio fosse un incosciente ad affidare a noi un testo sacro come questo… Scherzi a parte, è stata un’esperienza meravigliosa. È il sogno di ogni comico interpretare una commedia così importante. Abbiamo imparato tanto». 

Non pare che abbiate bisogno della lezione di Aristofane, per far ridere. 
«E invece sì! Lui mette in farsa questioni molto serie. Il pubblico ridendo abbassa le difese, e accetta messaggi che, detti da altri, susciterebbero rabbia». 

E poi? 
«Abbiamo affinato le dinamiche di coppia. Dioniso e il suo servo sono ambivalenti: il dio riesce a essere stupido anche quando è serio. E Santia è lo schiavo/padrone, che quando è necessario prende la situazione in mano e redarguisce Dioniso». 

Un testo ben poco politically correct.
«Mazzate da orbi per tutti. E non solo tra di noi. Anche la scurrilità si accetta, perché non è gratuita, ma legata a un progetto. La volgarità non è tanto nelle parole, ma nelle orecchie di chi le ascolta». 

Picone, come riesce una persona intelligente a fare la parte del cretino? 
«Con l’autoironia. Credo che ognuno sia capace di averne un pizzico, ma è una dote che bisogna allenare. Dovremmo tutti saperci prendere più in giro: fare tesoro dei nostri errori, esorcizzandoli con una risata». 

Ficarra, lei è la divinità che scende nell’Ade, valigie in spalla. E che si traveste da donna. Ma è anche il giudice della contesa tra Eschilo ed Euripide.
«Se vogliamo, fa ridere anche in quel ruolo. La contesa è un passo molto interessante. Certo, più attuale per i contemporanei di Aristofane. A noi farebbe più effetto una gag sul rispettivo stile tra Baglioni e Vasco Rossi... Ma il messaggio sulla poetica arriva ugualmente». 

Ecco, il pubblico. Come reagisce?
«Si sbellica dalle risate. Ovviamente, l’effetto è più dirompente in un teatro greco all’aperto, il luogo per il quale la commedia è stata a suo tempo pensata e scritta. Ma la sorpresa è constatare che questo spettacolo funziona bene anche in un teatro della tradizione. Anzi, forse assume una dimensione più intima».

Picone, in cosa consiste l’attualità di questo testo? 
«Politici che cambiano partito, i cittadini che premiano i peggiori, le lamentele per le tasse insostenibili, il sogno di mandare a morte gli esattori. Le basta? Talvolta mi chiedo se gli antichi fossero profetici, oppure siamo noi moderni ad aver perso qualche treno…». 

Una definizione di queste “Rane”? 
Ficarra e Picone in coro: «Uno spettacolo “pop”. Grazie alle scelte di regia di Giorgio Barberio Corsetti, comprensibile a tutti, nonostante la sua antichità». In scena, rane che gracidano attorno allo Stige, il traghettatore di anime Caronte che sbeffeggia Dioniso e il suo servo, in una esilarante discesa agli Inferi del nostro malcostume.
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