La stagione della danza ad Ancona apre con “Dodi” e “Ima”, dittico di Sofia Nappi tran pulsioni e rigenerazione

La stagione della danza ad Ancona apre con “Dodi” e “Ima”, dittico di Sofia Nappi tran pulsioni e rigenerazione
La stagione della danza ad Ancona apre con “Dodi” e “Ima”, dittico di Sofia Nappi tran pulsioni e rigenerazione
di Lucilla Niccolini
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Sabato 11 Novembre 2023, 06:40 - Ultimo aggiornamento: 11:48

ANCONA - «For me dancing is an emotional outlet», esclama Snoopy, il simpatico bracchetto di Charlie Brown, facendo piroette con le orecchie al vento. La danza è uno sfogo emotivo, facilmente sperimentabile, ma anche un modo per conoscere meglio se stessi, e l’altro. Ne è una dimostrazione, se ce ne fosse bisogno, “Dodi”, lo spettacolo con cui inizia, domani alle 20,45 alle Muse di Ancona, la stagione di danza di Marche Teatro. 

 
Il duetto


 

Il duetto, che vede in scena Adriano Popolo Rubbio e Paolo Piancastelli, è una coreografia di Sofia Nappi, direttrice artistica e co-fondatrice del progetto Komoco, danzatrice associata a Sosta Palmizi. Nella stessa serata, a seguire, presenta “Ima”, opera corale per cinque danzatori, in cui, con Paolo Piancastelli, si esibiscono Arthur Bouilliol, Leonardo de Santis, Glenda Gheller e India Guanzini. Il dittico di Sofia Nappi, in tournée tra Svizzera, Germania e Canada, viene presentato ad Ancona in esclusiva italiana. “Dodi” rappresenta una trasposizione danzata delle pulsioni dell’animo umano: una ricerca poetica, su sentimenti e passioni, che ognuno dei due danzatori compie con i movimenti, rapportandosi all’altro, in un gioco sottile di antagonismo e collaborazione.

“Ima”, la cui prima versione abbreviata è stata presentata alla XIV edizione della Biennale Danza di Venezia, ha debuttato nel 2022 al Colours International Festival di Stoccarda. È un lavoro elaborato durante la pandemia.

Spiega Sofia Nappi: «“Ima” in giapponese significa il “momento presente”, mentre in ebraico “madre”. Mi è sembrato il titolo più adatto per indicare la rinascita, il rinnovamento, di cui l’esperienza di quei mesi di distanziamento sociale ci ha fatto riscoprire l’esigenza. Siamo stati lasciati soli, con il nostro corpo, dove esiste solo la dimensione temporale del presente. A poco a poco siamo diventati più sensibili alle piccole cose, bisognosi del rapporto con l’altro, in assenza di contatto fisico».


Nostalgia di relazione, ma anche consapevolezza «che niente, dentro e intorno a noi, si è fermato, ma tutto ha continuato a trasformarsi». Ha espresso questo paradosso con il suo linguaggio, la danza, «interconnessione di tutte le cose», magnetica in questo duetto, capace di rapire l’attenzione dello spettatore, trasportandolo in storie personali e collettive che si intrecciano. Sofia Nappi, diplomata all’Alvin Ailey American Dance Theatre di New York, ha affinato la sua formazione con la Hofesh Shecter Dance Company, per poi studiare lo stile Gaga, ideato dal coreografo israeliano Ohad Naharin. Sono molti i premi internazionali che ha conquistato con le sue creazioni, sia assieme alla compagnia Kamoco che come coreografa indipendente, realizzando lavori per istituzioni prestigiose, tedesche, scozzesi e olandesi.

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