L'attrice anconetana Lucia Mascino: «Sassi Neri, simbolo della mia libertà tra pini e ginestre»

Lucia Mascino da ragazzina ai Sassi Neri
Lucia Mascino da ragazzina ai Sassi Neri
di Lucilla Niccolini
3 Minuti di Lettura
Domenica 16 Ottobre 2022, 07:20

ANCONA - Un senso di libertà, leggera e incondizionata, era quella che provava la piccola Lucia quando, con i fratelli Giuseppe, Paolo e Anna, scendeva alla spiaggia dei Sassi Neri dalla casa dei nonni materni. «Una vecchia masseria recuperata, in mezzo al verde del Cònero. Ormai da tempo venduta a certi stranieri, è stata trasformata in una villa alla moda». Passava l’estate alla Giuggiola, com’era chiamata dagli alberi che la circondavano. Se la ricorda arredata alla tirolese, con sedie d’abete e piatti di porcellana appesi ai muri. «Un luogo mitico». Tutt’attorno a questa “stube” affollata di vita, si spandeva la macchia mediterranea, che i ragazzi Mascino attraversavano per andare al mare.


I ragnetti


Riavvolge il nastro del percorso: «Un sentiero sterrato a tornanti, che percorrevamo assieme a certi piccoli amici tedeschi e austriaci, inciampando nei sassi con i sandali “ragnetti” di gomma ai piedi. Appena più giù, ci fermavamo ad accarezzare il cavallo dei Sibilla, dentro un recinto. Poi, arrivati alla villa di Valeria Moriconi, ridevamo della paura che ci faceva il suo cane cinese, dal muso schiacciato e la lingua blu». E dopo un albero di ciliegio, giù, fino al chiosco di Mimma e Pasquale, dove la banda si riforniva di gazzose e pizzette. Quella dei Sassi Neri, allora, era la spiaggia dei nudisti. «Mimma, per farli allontanare, gli tirava i sassi, bianchi come tutti quelli sulla riviera. «Solo verso il fondo alla baia diventavano più bruni, ai piedi della falesia che, spaccata, si disegnava di strisce diagonali bianche, rosa e grigie». Un bel contrasto cromatico, col verde sovrastante dei pini marittimi e il giallo delle ginestre, nel profumo di finocchio selvatico. «Con l’argilla che scendeva fino a riva, ci imbrattavamo di fango, che poi si scioglieva nell’acqua chiara». Liberi come l’aria, senza limiti di tempo. «O almeno così pareva a noi: ci sentivamo piccoli Robinson Crusoe».

I genitori scendevano più tardi, per sedersi ai tavoli di Silvio, sotto la cannucciata.


Il posto del cuore


Sirolo è il posto del cuore di Lucia Mascino, dove ha vissuto un’infanzia spensierata e avventurosa. «La sera, salivamo in paese, per un gelato. Ed è stato qui che, ormai adolescente, ho fatto il mio primo lavoro, con Gianluca Russino, che gestiva la stagione del Teatro alle Cave». Il piccolo ufficio dello Stabile delle Marche stava nell’edificio del Comune. «E quando scendeva il tramonto, andavo a servire al bar Coconero, all’ingresso della cavea scavata nella roccia». Il destino ha voluto che proprio a Sirolo sia cominciata la strada di Lucia: «Qui mi sono innamorata del teatro».


L’amica


Qualche volta si fermava a dormire nella casetta della sua amica Marta Massini. «Adesso ne ha fatto un grazioso B&B, e serve la colazione ai tavolini nel vicolo fiorito di gerani». Quando Lucia è tornata ad Ancona per le prove, alle Muse, di “Promenade de santè”, ha portato subito a Sirolo il partner in scena, Filippo Timi, e il regista Giuseppe Piccioni. «Per me, un ritorno alle origini. Con loro, ai Sassi Neri è stato quasi un pellegrinaggio». Non più a piedi, ma in autobus sulla strada asfaltata, e poi a mangiare spaghetti allo scoglio e fritto dell’Adriatico da Silvio. «A pranzo, c’era la fila, siamo riusciti a sederci solo alle tre. È diventata una località alla moda. A Roma, ne sento parlare dalla parrucchiera, da signore-bene in visibilio. La conosci, mi chiedono? Non provo neanche a evocare con loro l’incanto dei miei anni ‘80 a Sirolo. Qualcosa è cambiato, quelli erano posti soltanto nostri». Indelebili nella memoria, come l’infanzia.

© RIPRODUZIONE RISERVATA