"La pietra del paragone" al Rof: è
giunta l'ora del melodramma giocoso

"La pietra del paragone" al Rof: è giunta l'ora del melodramma giocoso
di Fabio Brisighelli
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Venerdì 11 Agosto 2017, 12:49
PESARO - Dalla “tragédie lyrique” di ieri al melodramma giocoso di questa sera: sempre all’Adriatic Arena (ore 20) è di scena “La pietra del paragone”, la prima opera “ambiziosa” di Rossini, con la quale il compositore poco più che ventenne affrontava la Scala di Milano.

Subito un grande successo
Correva l’anno 1812 e fu un grande successo, con ben cinquantatré rappresentazioni dietro alla prima del 26 settembre. In questo melodramma del sorriso, che racconta in sintesi la prova d’amore e d’amicizia a cui il protagonista Asdrubale sottopone i suoi ospiti per saggiarne sincerità e disinteresse, il momento della canzonatura ironica della società che punta un indice parodistico sul mondo della letteratura e del teatro ha il suo contrappeso nel contesto di un belcanto che coinvolge tutti, nel clima vivace e fluido di un intreccio che lascia trasparire nelle articolazioni sentimentali emozioni leggere di grazia malinconica, evasioni amorose che rientrano sul filo della tenerezza.



Gli ingredienti rossiniani
I tipici ingredienti rossiniani sono qui insomma già tutti presenti: l’uso del crescendo e il gusto della sillabazione veloce; le rapide congestioni labiali da momentanea, esilarante discrasia mentale; i passaggi di trasognata morbidezza della melodia che si scioglie in una voce intensa e malinconica, marezzata di lucido disincanto. Il ritorno al Rof di quest’opera (del 2002 la prima edizione) è comunque legata a una firma registica di assoluto prestigio, quella di Pier Luigi Pizzi, che nell’occasione ripropone, opportunamente aggiornata, la famosa messinscena di quell’anno, coronata da un grande successo.
Pizzi nel suo allestimento in prima uscita (nella veste consueta di regista scenografo e costumista) riusciva a esaltare Rossini come un classico fuori dal tempo, perché -come benissimo poté dimostrare - la vicenda permeata della sua musica incomparabile poteva ben essere attualizzata, postdatata a un primo Novecento a noi più vicino (pur sufficientemente duttile nella sua collocabilità temporale) con un’operazione di intelligente originalità. Ecco allora materializzarsi a sipario levato, a quella lontana ‘prima’, quel moderno, stilizzato, luminoso spaccato di dimora di campagna, dagli accostamenti cromatici di smaccato nitore, incorniciato da fitti alberi e delimitato in alto da un fronzuto bersò per rivestire di verde il cielo; quei personaggi che indossavano abiti intonati alla nuova collocazione temporale come in una sfilata di moda: il tutto in un’ariosa e raffinata teatralità. Siamo certi che il nostro regista saprà offrirci nell’occasione una versione aggiornata del tutto, di nuovo e più ancorata a una cifra di “svagata leggerezza”.

I fasti dell’Accademia
La compagnia di canto di questo spettacolo è largamente improntata ai “fasti” dell’Accademia Rossiniana. Tutti gli artisti, con l’eccezione di Gianluca Margheri (il Conte Asdrubale), provengono chi prima e chi dopo dalla Scuola di Pesaro. Così per Aya Wakizono (Clarice), Maxim Mironov (Giocondo), Davide Luciano (Macrobio), Paolo Bordogna (Pacuvio), come anche per Marina Monzó (Fulvia) e Aurora Faggioli (Aspasia). Il maestro Daniele Rustioni dirige l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, con il Coro del Teatro Ventidio Basso.
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