Nazareno Rocchetti e la guerra
al brutto: «Via da questo Medioevo»

Nazareno Rocchetti e la guerra al brutto: «Via da questo Medioevo»
di Agnese Testadiferro
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Venerdì 1 Settembre 2017, 14:03
La libertà dell’indipendenza. Nazareno Rocchetti non ha peli sulla lingua. Dopo un’estate che lo ha visto protagonista di una mostra nell’ottocentesca Villa Salvati, a Pianello Vallesina, l’artista di origine filottranese traccia un bilancio. Un fiume in piena, come sempre, «anche se con queste giornate di calura mi sono un po’ calmato».

Qual è il suo pensiero attuale?
«Come tutti gli italiani e i romantici, nonché come quelli che amano il bello, non vivo un momento di grande soddisfazione. Però questo non vuol dire che io mi debba fermare o che altri come me si debbano fermare; anzi, questo è il momento di lottare e sconfiggere questo Medioevo, questa ondata di brutto».

Però la mostra, voluta dal dr Domenico Rosetti di Staffolo, ha acceso i riflettori sul bello. Conferma?
«Villa Salvati è stupenda e vedere le mie opere tra quelle stanze è stato emozionante. Grazie, per averla curata, Lucia Cataldo e Renato Barchiesi. Ma, allo stesso tempo ho visto la desolazione e la morte di questa Villa, che è una delle ville più belle delle Marche. Che peccato».

Sta facendo un appello?
«Sì. Alla Regione, alla Provincia e allo stesso comune di Monte Roberto: come si può tenere chiusa una così bella Villa? Forse si preferisce aprire nuovi bistrot e capanne lungo le strade dove l’unico scopo è mangiare…».

Cosa consiglia?
«Di fare un passo indietro. Iniziamo ad educare i nostri figli al bello, e soprattutto iniziamo a seminare la cultura. È ora scossa… Sono convinto che senza la cultura non andremo da nessuna parte».

Però, una bella soddisfazione la mostra?
«Bellissima! Io mi arrabbio perché voglio il meglio per ciò che merita di averlo. Vedere gli occhi delle persone colmi di emozione suscitata dalle mie opere, non ha prezzo. A me basta questo: capire di aver provocato pathos».

Cosa le è dispiaciuto di più ultimamente?
«Sentirmi dire, da qualche piano alto, che noi artisti possiamo essere presi in considerazione solo dopo il trapasso. Sembra che per vivere d’arte devi morire. Ma, cari colleghi non alziamo bandiera bianca, non arrendiamoci perché noi siamo guerrieri. E i guerrieri lottano, combattono, ma qualche volta vincono pure».

Il suo sogno?
«Quello di portare l’arte in mezzo alla gente. È necessario in un momento come questo dove tutto è brutto, disgrazia e pieno di lamentele; dove c’è crisi e non ci sono né lavoro né giustizia e nemmeno libertà. Nel mio piccolo, finché il Padre Eterno mi darà la forza, cercherò di portare una parola di conforto attraverso le mie opere. Se opere si possono chiamare».

Come pensa di fare?
«Esponendo in qualsiasi parte. Ho fatto mostre in ogni luogo, dai reparti dell’oncologia seguiti dal Prof. Luciano Latini di Macerata, dove c’erano i malati terminali, agli aeroporti. Devo dire che per una volta è diventato interessante anche il Da Vinci di Falconara, come mi scrisse in una email una signora olandese: grazie signor Rocchetti, lei è riuscito a far diventar bello uno degli aeroporti più brutti del mondo».

Si può vivere d’arte?
«L’arte ti può dare anche qualche momento di gloria. Ma in questo momento qui, mio caro artista, se devi vivere con l’arte, “buttati a campo” e bruca l’erba come una mucca, un vitello o un somaro».
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