La dottoresa Venturini: «Il Parkinson
si batte anche a tavola con la dieta»

La dottoresa Venturini: «Il Parkinson si batte anche a tavola con la dieta»
di Federica Buroni
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Martedì 21 Novembre 2017, 15:40
Una dieta per il Parkinson. Alcuni consigli utili nutrizionali, forniti da Claudia Venturini, dirigente medico dell’Unità operativa semplice dipartimentale di Nutrizione clinica dell’Inrca di Ancona. Informazioni importanti per chi soffre di una malattia diffusa, una patologia degenerativa del sistema nervoso centrale.

Malattia e terapia farmacologica
Tremore a riposo, rallentamento dei movimenti, rigidità muscolare, instabilità posturale. Sono alcuni degli aspetti che contraddistinguono il Parkinson e questo è dovuto, dice Venturini, «all’assenza di dopamina che causa deficit motori». La terapia farmacologica, spiega, «consiste nell’assunzione di un peptide ad alto peso molecolare, la levodopa, precursore fisiologico della dopamina. La levodopa, un amminoacido neutro, può raggiungere il cervello con un sistema di trasporto ad hoc grazie al quale si possono ottenere effetti per la cura di questa malattia».

Il ruolo dell’alimentazione
L’alimentazione gioca un ruolo chiave. «La dieta – dice Venturini – influenza l’evoluzione della malattia e l’efficacia del trattamento farmacologico, in particolare la farmacocinetica della levodopoa, il farmaco più usato». Secondo il medico, «sono diversi i fattori da considerare per la dieta: la frequenza e volume dei pasti, i rapporti tra somministrazione di levodopa e nutrienti, contenuto proteico e glucidico dei pasti. E poi, i livelli di assunzione di amminoacidi neutri, vitamina B6, fibra alimentare e ferro. «La dieta può potenziare e stabilizzare la risposta terapia farmacologica, migliorando la qualità di vita e la prognosi a lungo termine», dice. Gli obiettivi dietetici della malattia sono quelli di mantenere un peso corporeo desiderabile, prevenire le riduzioni degli effetti terapeutici anti-Parkinson, ridurre la difficoltà a deglutire, regolare la funzionalità intestinale con adeguate quantità di fibre e liquidi. Infine, mantenere un’idratazione ottimale. Osserva Venturini: «La levodopa, per essere assorbita, deve avere un trasporto adeguato, quindi niente pasti abbondanti e ricchi di grassi che rallentano il processo. La levodopa va assunta lontano dai pasti. È importante, allora, farne regolari: l’energia e cioè le calorie assunte in una giornata dovrebbero essere così suddivise: 20% colazione, 35% pranzo, 10% spuntini e 35% cena». La dieta, naturalmente, deve essere il più possibile personalizzata così da rispondere alle esigenze del paziente. «Agli stadi iniziali della malattia – dice l’esperta – la dieta deve essere normocalorica con un contenuto di proteine pari al 15% dell’energia totale, distribuite durante i pasti della giornata. Negli stadi intermedi, la dieta è sì normocalorica ma le proteine vanno concentrate nel pasto serale. Negli stadi avanzati, il contenuto delle proteine va ridotto, non più del 10% dell’energia totale e quindi è preferibile un’alimentazione a base di pasta, pane, biscotti ipoproteici o aproteici”.

Il ruolo dei macro e micro nutrienti
Le proteine: 0,8 grammi per chilogrammo di peso corporeo. «Limitare l’assunzione di proteine ad un pasto al giorno può ottenere risposte motorie migliori, meglio nel pasto serale», dice Venturini. L’apporto carboidrati-proteine è di 5 a 1: «L’aumento di carboidrati provoca l’incremento della secrezione di insulina e la riduzione dei livelli di amminoacidi». Si può usare la vitamina B e anche alimenti con vitamina E per il mantenimento dell’integrità neuromuscolare: gli alimenti che contengono questa vitamina sono olio di germe di grano, olio di girasole, altri oli vegetali, margarina, nocciole, mandorle, noci, pistacchi, arachidi, burro. Per quanto riguarda il ferro, sottolinea il medico, «occorre somministrare la levodopa a 1-2 ore dopo aver mangiato cibi ricchi di ferro». Infine, assumere un’adeguata quantità di calcio (800-1000mg al dì) e sodio (da 2 a 5 grammi al dì).
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