Diete e integratori: un vero far west
tra fake news, falsi miti e business

Diete e integratori: un vero far west tra fake news, falsi miti e business
di Stefano Fabrizi
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Martedì 24 Aprile 2018, 11:58
Con la prova costume imminente, è cominciata la stagione delle diete e degli integratori, promossi da titoli sensazionalistici che annunciano soluzioni miracolose per perdere peso. In questo “far west” della forma perfetta, ci sono «troppe credenze e poche evidenze: scarsa qualità della ricerca, miti e presunzioni senza basi scientifiche ed enormi interessi economici alimentano la disinformazione e favoriscono il proliferare di fake news», denuncia la Fondazione Gimbe. Per fare chiarezza «su un tema estremamente rilevante per la salute pubblica - annuncia Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe - abbiamo realizzato il Position Statement su alimenti, diete e integratori».

Una credibilità minata
Numerosi fattori, secondo Gimbe, «minano la credibilità della scienza della nutrizione: l’insistere sull’approccio riduzionista vincente nell’era delle malattie carenziali, ma oggi inefficace per prevenire le patologie croniche; i conflitti di interesse finanziari e non; l’inadeguata qualità di revisioni sistematiche e linee guida, e infine le criticità metodologiche della ricerca, che determinano risultati del tutto implausibili, troppo belli per essere veri». «È tempo di mettere un freno - puntualizza Cartabellotta - agli innumerevoli studi di associazione sui singoli nutrienti continuamente sfornati dai ricercatori: se presi alla lettera basterebbe aumentare l’apporto di nutrienti protettivi in 2 porzioni al giorno per eradicare il cancro a livello mondiale». E il “far west” delle diete? «A fronte di infuocati dibattiti e di slogan pubblicitari che promettono miracoli, la ricerca dimostra che qualsiasi dieta bilanciata a ridotto contenuto di carboidrati o di grassi fa dimagrire, ma non è possibile raccomandarne nessuna in particolare, viste le esigue differenze tra i vari regimi dietetici. Inoltre, in termini di riduzione del peso e del suo mantenimento, le evidenze dimostrano il valore aggiunto della terapia cognitivo-comportamentale e dell’esercizio fisico».

Pochi studi su esiti clinici
Dal documento, nella sezione dedicata ai singoli cibi e nutrienti, emerge poi «il numero esiguo di studi controllati su esiti clinici, che forniscono adeguate prove di efficacia solo per la dieta mediterranea. La maggior parte delle evidenze deriva infatti da studi osservazionali e da trial controllati su parametri fisiologici, come pressione, iperlipidemia, glicemia, resistenza all’insulina, frequenza cardiaca, infiammazione sistemica». «Sulla base delle migliori evidenze disponibili - sottolinea Cartabellotta - è possibile raccomandare solo una dieta ricca di frutta, verdura, cereali integrali, legumi, pesce, nocciole/noci e latticini, oltre a cibi contenenti grassi monoinsaturi, polinsaturi e omega-3. Da evitare invece carni lavorate e bevande dolcificate, oltre a cibi ricchi di sodio, amido, zuccheri raffinati, grassi insaturi, colesterolo animale».

Tanti multivitaminici, pochi benefici
Nell’analisi di Gimbe, viene valutata anche l’efficacia degli integratori alimentari: «Nonostante la progressiva espansione del mercato, gli studi controllati su integratori di vitamine e minerali non dimostrano evidenti benefici per la prevenzione di patologie cardiovascolari e neoplasie - si legge - evidenziando addirittura maggiori rischi per alcuni micronutrienti». Perciò, precisa l’esperto, «l’utilizzo di multivitaminici e multimineralici non è raccomandato per la popolazione generale e nemmeno in gravidanza. Al contrario, è di provata efficacia l’assunzione mirata di specifici integratori in alcune fasi della vita (gravidanza, neonati, ultracinquantenni) e in sottogruppi a rischio, nei quali il fabbisogno nutrizionale non può essere soddisfatto con la sola dieta». Gimbe chiarisce, infine, perché nel campo dell’alimentazione bufale e fake news fioriscono: «In questo settore - secondo Cartabellotta - esiste una dinamica interpretativa della scienza più unica che rara. Si generano così continuamente credenze basate su congetture, aneddoti e intuizioni piuttosto che su evidenze scientifiche, peraltro poco robuste e influenzate da conflitti di interesse che, condizionando l’integrità della ricerca, minano la fiducia dei cittadini nei confronti del metodo scientifico».       



Yogurt, tè e cioccolato proteggono il fegato
Una dieta in stile mediterraneo, con una buona dose di verdure e arricchita di yogurt, tè e cioccolato, espone a un minore rischio di ospedalizzazione i pazienti con cirrosi epatica e determina una presenza di batteri intestinali molto diversificati, una condizione che predispone a un maggior benessere. Lo indicano i risultati di uno studio che ha coinvolto 300 persone in Usa e Turchia, presentato al congresso dell’Associazione europea degli studi sul fegato (Easl) a Parigi. La ricerca ha dimostrato che l’intera coorte turca, sia le persone con cirrosi compensata sia quelle con cirrosi scompensata, risulta essere più sana, rispetto ai pazienti statunitensi dello stesso tipo. Il rischio di morte per questa malattia è diverso da paese a paese, ed è legato principalmente al consumo di alcol, ma anche al tipo e alla qualità, e alla presenza di epatite virale B e C. Inoltre la dieta è un fattore determinante della composizione microbica dell’intestino, che ha un ruolo nell’insorgenza e nella progressione della cirrosi epatica. Ma «ci sono pochissime informazioni che attualmente collegano la dieta, la diversità microbica e gli esiti clinici in pazienti con cirrosi - ha detto Jasmohan Bajaj, della Virginia Commonwealth University e del McGuire Va Medical Center di Richmond (Usa) e autore dello studio - La nostra ipotesi per questo studio era che la dieta e la gravità della malattia interagiscono per determinare la composizione del microbiota e, in definitiva, i risultati clinici in pazienti con cirrosi epatica». «Questo studio - commenta Annalisa Berzigotti, dell’Università di Berna e componente del board dell’Easl - ha una grande importanza perché dimostra che la dieta mediterranea ricca di antiossidanti ha un effetto protettivo non solo nelle prime fasi della malattia epatica cronica, ma anche in quelle più avanzate».
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