Laura da San Benedetto a first lady toscana:
«Il vero anti-Renzi ve lo racconto io»

Laura da San Benedetto a first lady toscana: «Il vero anti-Renzi ve lo racconto io»
di Laura Ripani
6 Minuti di Lettura
Domenica 21 Maggio 2017, 14:13
Dalla finestra del suo studio si gode una vista mozzafiato: Palazzo Vecchio, Piazza della Signoria, Firenze, Italia. Laura Benedetto ci fa caso, si sente una donna fortunata, demiurgo di una storia che l’ha portata ad essere oggi Segretario generale della Camera di commercio in una delle città più famose al mondo, la più amata dagli americani. Delicata come un giglio, la sua è una vita di sfide da cogliere e centrare con dolcezza, di opportunità che si è creata e a chi le chiede «da dove viene?» pronta risponde: «San Benedetto del Tronto». A dir la verità la biografia racconta di natali ben più nordici, a Bolzano, «ma solo perché mio padre lavorava in ferrovia. A due anni dopo sono arrivata sotto le palme là dove è il mio cuore». Bionda, all’università l’associazione tra anagrafe e aspetto altoatesino, magari, pagava pure. «Ma io ho frequentato il liceo scientifico Rosetti, quello “terribile” del preside Lupi: ero la più giovane e l’ultimo anno è stato un calvario, tutti maggiorenni, solo io dovevo ancora farmi firmare le giustificazioni».

L’onta
Un’onta che ha lavato presto. A 22 anni era laureata ma per non perdere tempo e capire come funzionava il mondo «facevo la segretaria d’albergo, in estate». Un classico dell’epoca per ogni ragazza della città delle palme che non amava bighellonare indolentemente tra spiaggia e Palazzina Azzurra. Da un amore mancato all’amore che ha colmato la mancanza. Sarà sicuramente un caso, ma Laura Benedetto avrebbe voluto essere una filosofa. E invece è finita per essere “sua sanità”. Facciamo quindi un passo indietro. «Mio padre - dice oggi pacificata visti pure i risultati - mi vietò di iscrivermi a Filosofia. Non che sapessi bene cosa fosse, ma litigammo ferocemente e non la spuntai». E allora? «Taglio netto, senza rimpianti mi buttai a capofitto sul “magazzino” su chi “apre una saracinesca”, insomma, sulla “partita doppia” e la “tecnica bancaria” che poi fu l’argomento della mia tesi, alla Politecnica delle Marche». Ma quella passione rimasta soffocata sarebbe riemersa, a sua insaputa, 30 anni dopo tra le braccia del marito, Enrico Rossi, attuale governatore della Regione Toscana. Non parla facilmente di politica anche se non è un mistero la sua amicizia con l’ex sindaco Paolo Perazzoli che la volle fortemente al nucleo di valutazione. Ma lei ribadisce di essere una «self made woman» sebbene la sanità sia per ovvie ragioni di pubblico interesse contiguo alla politica tanto che le ha permesso di incontrare il coniuge illustre conosciuto nel 2009 e sposato nel 2011. Guarda caso laureato in filosofia. Strategia, invece, la carriera: «Rosy Bindi - che molto più tardi avrei conosciuto a Sassuolo dove sono stata direttore sanitario - aveva trasformato le Usl in aziende sanitarie. E il mio ex docente Gian Mario Raggetti con il quale ero rimasta in contatto, aveva creato uno dei primi laboratori di management sanitario al quale ho aderito». Dal nucleo di valutazione e controllo di gestione all’ospedale Salesi di Ancona ai progetti del Policlinico Giaccone di Palermo e della “sua” San Benedetto è stata una “rottamatrice” ante litteram, ma non le va detto a voce troppo alta visto che il marito è stato a lungo indicato come l’antagonista principale dell’altrettanto toscano Matteo Renzi ed è poi è fuoriuscito dal Pd fondando con altri compagni Articolo 1. «Ma questo - dice - non mi riguarda».

La carriera
Piuttosto si è concentrata sui passi da fare: «Cominciare presto è fondamentale, ce se ne accorgerà a 60 anni». Tenacia. Ma un’opinione femminile più che femminista non la nega: «Siamo tornate indietro come donne - ma se mi si chiede un consiglio per arrivare è fare squadra nel lavoro. Dobbiamo coltivare questo aspetto senza paura di metterci in gioco fino in fondo. A volte il problema è non credere abbastanza nelle nostre capacità, rifiutare le responsabilità e fermarci a un passo dalla meta». Capito come funziona? 
Lei sicuramente sì. E ha esercitato l’arte della resilienza anche quando ha dovuto fare scelte difficili. Quella di buttare alle ortiche 30 anni di esperienza nella sanità per evitare conflitti di interesse con il marito. «Mi sono dimessa senza pensarci, sono stata l’unica - ammette - e poi mi sono rimessa in gioco, vincendo il concorso alla Camera di commercio, prima donna nella storia di questa istituzione a ricoprire un incarico così prestigioso da 150 anni a questa parte». E ancora quando ha retto botta quando ha dovuto fare i conti con la giustizia.

L’accusa
«A Siena, un ambiente maschilista, sì. Duro. Dall’accusa di abuso d’ufficio però sono uscita con una piena assoluzione. Se assumi responsabilità può capitare, fa parte del gioco, ma se hai la coscienza tranquilla nulla può turbarti». Anche se con qualche fatica, si riesce anche a parlare anche del governatore con lei. Le viene l’orticaria nell’essere definita «Signora Rossi» o, peggio «Lady Rossi», la buttiamo così sulla cucina. Per cominciare. «Io vengo da una tradizione di pesce, lui di carne, quindi siamo diventati vegetariani» ammette. Ok, e poi? «Io non ho mai avuto tessere di partito, sono molto laica, lui beh...». Andiamo avanti. «Io non ho mai influenzato le sue scelte politiche e abbiamo un rapporto molto dialettico. Ho le mie idee. Certo che però due persone che stanno insieme ovviamente discutono e si confrontano ma io sono sempre rimasta spettatrice e non ho partecipato neppure alle primarie del Pd. Spesso, poi ho un punto di vista molto originale rispetto al suo, mi ascolta ma spesso va per la sua strada». D’altra parte è un po’ la storia di chi si conosce da adulti, di chi, nei rispettivi ambiti è abituato a “comandare”. «Sono allergica alla parola “potere” - non ha voglia di celiare Benedetto -: in realtà credo che nel lavoro si possa esplicitare la propria personalità fino a farla diventare stile di leadership e ci si può far rispettare solo grazie alla propria professionalità senza però rinunciare a vivere il proprio ruolo con leggerezza». 

Le barzellette
Di lei, peraltro, gli amici dicono che sia una gran raccontatrice di barzellette e, al contrario di certi politici, le sue fanno un gran ridere; che sappia colloquiare e abbia una gran capacità di delega e non sia un’accentratrice. «Lo stile femminile è diverso - ammette -: noi sappiamo ascoltare». Ma neppure sa stare ferma: «mi piacciono le sfide, ogni cinque anni devo cambiare anche se il settore della sanità mi è piaciuto molto, perché è molto stimolante». Sarà forse ancora per quel papà che saliva in continuazione sui treni? Lei comunque non rinnega, anzi rilancia la sua origine sambenedettese e se si indigna per la mancanza di collegamenti. A chi è abituata a occuparsi della gestione di una Camera di commercio tra le più importanti al mondo qualche consiglio per promuovere le Marche le va pur chiesto: «Le Marche sono una regione splendida che permette di vivere in modo semplice la bellezza della storia e della natura . È simile alla Toscana per la bellezza e dolcezza dei paesaggi . Ma se fosse meglio collegata con l’alta velocità sarebbe una bella rivoluzione».
© RIPRODUZIONE RISERVATA