Il coraggio di Sofia Pucci: «Danzare
a New York: io pazza, i miei di più»

Il coraggio di Sofia Pucci: «Danzare a New York: io pazza, i miei di più»
di Andrea Amaduzzi
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Lunedì 4 Settembre 2017, 13:29
Va’ dove ti porta il cuore. E se il cuore batte per la danza moderna e la danza moderna conduce a Broadway, succede che una ragazza fanese a 19 anni lasci famiglia, amici, luoghi e abitudini per trasferirsi al di là dell’Oceano. Non per capire che aria tira ma per viverci. Sono passati cinque anni e la fanese Sofia Pucci è adesso cittadina della Grande Mela. Felice contraddizione, la sua, «perché le persone care e la mia città mi mancano molto, ma New York ti apre la mente. Qui la vita è semplicemente eccitante». La nostalgia finisce così anestetizzata, in nome di una passione autentica e forte. Scoppiata a 11 anni attraverso l’hip hop e diventata qualcosa di serio già intorno ai 16, sotto la guida di Simona Paterniani e dietro l’esempio di danzatori che venivano proprio da New York per insegnare, ma anche per raccontare come la danza fosse vissuta lì.
 
Voglio quella vita lì
Sofia ha capito che poteva essere quella la sua vita negli anni delle superiori. «Sono stata a New York già nel 2009 e mi era bastato per capire quale fosse la concezione della danza. E quanto diversa dall’Italia e dall’Europa, dove qualche volta diventa malata». Altro viaggio l’anno dopo e quando poi scocca l’ora delle audizioni, restano pochi dubbi. «Ho pensato anche a Londra e sono stata in Svizzera. Però quando ho sostenuto le audizioni per le scuole di Martha Graham e Alvin Ailey ed entrambe mi hanno scelta, dovevo solo decidere quale delle due». La Alvin Ailey convinceva di più, ma costava anche di più. E qui è ridiventata decisiva la famiglia. «La gente dice che ho avuto coraggio. Ne hanno avuto molto di più i miei. Loro mi hanno sempre dato fiducia e soprattutto in quel momento. E questo mi ha permesso di avere ancora più fiducia in me stessa». Che quella ragazzina se ne andasse a New York, rappresentava una notizia anche per chi la conosceva bene.


 
La gente che non capiva
«Sono sempre stata un tipo disponibile verso gli altri ma fondamentalmente riservato. La gente non riusciva a capire quel cambio di vita». I tre anni di scuola sono stati una full immersion. «Molto duro soprattutto il terzo. Uscivo di casa alle otto e tornavo alle dieci di sera». Tante però le soddisfazioni, come quella di essere scelta per partecipare al gala del secondo anno, al Lincoln Center davanti alla mamma. Alla fine un bagaglio ricco da ogni punto di vista. «Ho fatto soprattutto danza, certo. Lezioni, prove, spettacoli. Ma ho studiato anche musica, canto, improvvisazione. E sono cresciuta molto, come persona, attraverso il confronto con culture diverse. In classe non ho mai trovato due studenti dello stesso Paese. Mi ha fatto maturare molto anche l’incontro con artisti dalla personalità forte». Altro passaggio carico di aspettative e suggestioni la partecipazione al Table of Silence di Jacqulyn Buglisi «una specie di rituale per ricordare le vittime di Ground Zero». Di qui l’inizio di una carriera da free-lance: «C’è un coreografo, elabora un progetto, si prova per un paio di mesi e poi si porta in scena». Mai spezzato però il cordone con la Alvin Ailey. «L’anno scorso ho passato molto tempo a lavorare nell’organizzazione della scuola. Amo ballare ma mi piace imparare a fare anche tutto l’enorme lavoro che c’è dietro».
 


Ritrovarsi dopo i traslochi
Nel frattempo diversi traslochi ma sempre casa nella zona di Astoria. «Un posto tranquillo e ne ho bisogno. Dopo giornate tanto frenetiche, è importante ritrovarsi con se stessi». Adesso Sofia vive con una mamma brasiliana e sua figlia «e grazie a loro ho potuto riassaporare una dimensione familiare. Qui è un’emozione continua ma poi c’è il quotidiano. Ed è bello avere intorno persone che ti aiutano ad affrontarlo. Specie per una mammona come me». Niente e nessuno potrà mai sostituirsi alla famiglia con la effe maiuscola. «Con i miei mi sento e mi vedo tutti i giorni, la tecnologia è una manna. Non è la stessa cosa che tornare a casa per pranzo e mettermi a tavola con loro, parlando di tutto, ma è abbastanza». L’ultima volta a Fano di Sofia è stata il Natale scorso, la prossima sarà il Natale 2017. «Ma sono tornata anche d’estate. Non sapete che piacere anche semplicemente fare un giro in centro e rivedere facce conosciute».
 
Le amicizie in America
Di amicizie Sofia ne ha coltiva anche in America. Soprattutto italiane «perché è bello condividere certi valori con gente che ha le tue stesse origini». Da giovane donna normale ora sviluppare riflessioni nuove e modellare di conseguenza i progetti. «La danza resta al centro della vita, ma rispetto a quando sono venuta qui non ha più l’esclusiva della mia vita. Dalla prossima settimana inizierò un Teacher Training Program, un corso per ottenere l’abilitazione all’insegnamento. Lezioni pratiche la mattina, teoria il pomeriggio». Anche il futuro continuerà a disegnarlo il cuore.
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