Denilde, l'odissea della ragazza Portobello
«A Numana ho trovato la mia Itaca»

Denilda Lizardo Dos Santos
Denilda Lizardo Dos Santos
di Barbara Ulisse
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Domenica 23 Luglio 2017, 11:03 - Ultimo aggiornamento: 11:18
NUMANA - Quando gli squadroni della morte le hanno ucciso uno dei fratelli è fuggita dal Brasile ed ha iniziato ad essere per necessità – più tardi lo sarà per vocazione - una giramondo. E’ stata cameriera clandestina ai Navigli milanesi, valletta a fianco di Enzo Tortora, modella per Armani e Valentino, corista, imitatrice in spettacoli di cabaret in Francia, imprenditrice in strutture turistiche . Ha avuto quattro mariti e numerosi indirizzi di residenza .

La donna vulcano
Certo, la vita di Denilda Lizardo dos Santos, brasiliana di un piccolo villaggio della foresta amazzonica «introvabile nelle carte geografiche» che si chiama Pekià, assomiglia a un romanzo: infatti è diventata un libro scritto insieme alla scrittrice Cathleen Miller e forse diventerà una serie tv. Eppure i numeri e la ricchezza biografica non restituiscono l’immagine di questa donna-vulcano di 58 anni quanto la sua stessa definizione: «sono rimasta sempre una figlia dell’Amazzonia, ribelle e selvaggia». Nella terrazza della sua casa sopra il Taunus, dove da 14 anni abita con il marito, uno psichiatra marchigiano, il racconto di Denilda, conosciuta al grande pubblico per essere stata una delle “centraliniste” di Portobello, trasmissione cult con Enzo Tortora negli anni ’70, non perde mai toni sorridenti neanche quando affronta la fuga dalla sua terra dopo l’uccisione del fratello e una violenza subita. «Gli abusi nel Brasile rurale e nelle periferie sono frequentissimi fin da ragazzi. Il Brasile è di una bellezza commovente ma di una violenza impossibile».

L’esperienza della violenza
L’esperienza della violenza, della marginalità, di chi è rimasto indietro sono diventati materiale su cui Denilda lavora nei suoi documentari; le radici contadine e – dice – “rivoluzionarie” , le hanno dato un linguaggio e un approccio nelle sue testimonianze. Cosa è successo dopo la fuga dal Brasile? «Avevo 15, 16 anni. Ho girato tutto il Sudamerica e in Bolivia ho incontrato un gruppo di ragazzi italiani che poi mi hanno salvato a Milano». Soprusi e gesti di fratellanza si alternano nella vita di Denilda: quando si ammala gravemente, a Milano, per poter accedere al servizio nazionale sanitario si sposa uno dei ragazzi incontrati in Bolivia. «Hanno tirato a sorte, poi siamo andati in Comune. Sono restata in ospedale tre mesi: nessuno si era mai preso tanta cura di me. Appena possibile abbiamo dichiarato e sciolto il matrimonio non consumato, ma da allora sono cittadina italiana, fierissima di esserlo. Sono tribale anche in questo: difendo l’appartenenza. Per esempio mi arrabbio se criticano gli italiani davanti a me». Restiamo sul tema mariti...Denilda ride ricordando il secondo: «Era ebreo. E al rabbino, quando vide che ero negra, gli prese un colpo». Di sé dice proprio negra. «Lo sono….cosa dovrei dire? Ci sono tante ipocrisie in giro…». Poi ci fu il padre dei suoi due figli e l’attuale marito, che mandò a monte un matrimonio per stare con lei. «Aveva organizzato il suo addio al celibato nel mio agriturismo a Orbetello, dove da anni abitavo e dove ho cresciuto i miei figli. Io naturalmente non lo calcolavo…lui decise di non sposarsi più e venne a fare il week end per sei mesi da noi, fino a che non acconsentii a sposarlo». L’amore per il marito e per la natura l’hanno fatta restare sul Conero. 

Stregata dal Conero
«Sono innamorata di Numana. Vado spesso in paese, organizzo piccoli eventi, vado alle Poste dove la gente qualche volta mi scambia per una immigrata appena arrivata e mi guarda con diffidenza…». Ride. Hai subito atteggiamenti razzisti? «Sono italiana da 40 anni ma talvolta mi fanno sentire come un’extracomunitaria…. la discriminazione di partenza poi si stempera con la conoscenza e il dialogo, come sempre accade quando si parla di questi temi. Cosa serve all’integrazione? Rispetto delle regole da una parte, apertura all’altro dall’altra».
È passato tanto tempo, da quella sera in cui Enzo Tortora la vide, aggressiva e spaesata, nel locale sui Navigli dove faceva la cameriera. Dopo Portobello sono arrivate le sfilate, la pubblicità per le Morosita «non era il massimo andare in giro vestita da caramella….», il cabaret in Francia – «la cosa più divertente? Fare le imitazioni di Micheal Jackson» – e poi i figli e la nuova vita in Toscana. Oggi la ragazzina selvaggia che ha metabolizzato la violenza e la donna di mondo e di spettacolo si sono fuse nell’attività di documentarista televisiva con i reportage sulle donne in India, sui bambini di strada che accoglie anche nella sua «Casinha Branca», nuova fazenda costruita in Brasile, nei documentari sul lavoro femminile e sui migranti, nelle radio comunitarie. Denilda si tocca la catenina dove è appesa la Madonna di Loreto. «Seguo ancora la mia religione espirita, che si basa sul profondo legame con la natura e sulla reincarnazione, ma sono devota alla Madonna di Loreto, negra come me. La fede non dovrebbe mai essere motivo di divisione».
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