I nomi per il nuovo Governo impazzano e gli organigrammi si intrecciano con le speranze dei tanti che cercano di poter restare e molti di più che reputano sia arrivato il proprio turno. Il problema è il mix tra tecnici e politici e la voglia di tutti i leader - da Conte a Zingaretti - di entrare nella squadra dei ministri con adeguata poltrona. Ora che la maggioranza si allarga i nomi di alto profilo crescono e rischiano di ridursi gli spazi. Ne è consapevole il presidente della Campania Vincenzo De Luca che prevede per Draghi «un percorso di guerra» che inizierà «già quando presenterà la lista dei ministri avrà il primo bombardamento».
Uscendo dall’incontro con Draghi quasi tutte le delegazioni hanno promesso al presidente del Consiglio incaricato un appunto sul programma ed è probabile che insieme, se non prima, arriverà il “pizzino” con i desideri di ognuno su poltrone e delghe.
La «forte discontinuità» si avvertirebbe soprattutto nei ministeri chiave. All’Economia resta forte il nome di Ernesto Maria Ruffini, all’Istruzione l’ex segretario generale del Senato Antonio Malaschini. Alla Funzione Pubblica Luisa Torchia. Enrico Giovannini al Lavoro. Alla Giustizia l’ex presidente della Consulta Marta Cartabia. Per il ministero degli Esteri torna a circolare il nome di Elisabetta Belloni, mentre per la Sanità si parla di Ilaria Capua che dovrebbe sostituire Roberto Speranza anche perché Leu sembra orientata a restare fuori contestando la presenza della Lega.
IL POTERE
Lunedì inizierà un nuovo giro di consultazioni che partirà con l’incontro di Draghi con le parti sociali, ma quando toccherà alle delegazioni dei partiti non si parlerà dei nomi dei ministri. Draghi ne discuterà con il presidente della Repubblica a cui spetta il potere di nomina. E’ quindi probabile che dalle rose che forniranno i partiti, Draghi sceglierà, ma poi sarà una sorta di “prendere o lasciare” che comunque creerà ulteriori tensioni destinate però a scaricarsi subito non sul governo, ma dentro i partiti di una maggioranza tanto larga, quanto composta da partiti che non sembrano avere scelta.