PESARO - Secondo il marito non valeva la pena pagare l’ecografia dato che in grembo la moglie portava una femmina. E’ uno degli episodi - sconcertanti per chi dà come naturalmente acquisito il complesso bagaglio di diritti, equiparazione e ruoli sotto il profilo giuridico, sociale e culturale -, che vanno a configurare il reato di maltrattamenti in famiglia per cui è stato condannato un 31enne di origini mediorientali. Secondo la querela sporta dalla moglie, 30 anni, gli episodi sarebbero stati molteplici, finchè la donna ha trovato il coraggio di denunciare.
Era scattato il codice rosso, mamma e bimbe trasferite in una residenza protetta e lui portato in carcere. Tra le accuse anche quella di violenza sessuale per rapporti non consenzienti, capo di imputazione caduto nel corso del rito abbreviato davanti al Gup di Pesaro.
Rito abbreviato
Ma i maltrattamenti restano perché secondo l’accusa, rappresentata dal pubblico ministero Silvia Cecchi, la donna doveva sottostare ai voleri del marito. Signora che si è costituita parte civile tramite l’avvocato Matteo Andreoni. Tra gli episodi citati il fatto che lui non la faceva uscire se non per la spesa. Non poteva avere indipendenza economica, il suo compito era cucinare, pulire e prendersi cura dei figli e del marito. Lui la controllava continuamente, non poteva avere amicizie e il suo telefono era supervisionato dal marito. Tra gli episodi anche la rabbia e le minacce per non aver preparato la cena, con lui che le avrebbe tirato una ciabatta. Rabbia e litigi che hanno esasperato la donna, costretta a vivere in una situazione di prostrazione fisica ed emotiva. Quando era incinta della bambina, lui che voleva un maschio, le disse che non valeva la pena pagare l’ecografia.
Braccialetto elettronico
Lui è finito in carcere, poi ai domiciliari con il braccialetto elettronico. Oggi ha un divieto di avvicinamento alla signora. Il giudice ha condannato l’uomo a due anni di reclusione con la sospensione condizionale, riconoscendo l’impostazione dell’accusa. A margine il pubblico ministero Silvia Cecchi lancia un messaggio chiaro di monito: «Ci sono ancora uomini che puniscono fisicamente ed economicamente la moglie se il figlio concepito è femmina (“non pago la visita medica!”). Il resto appartiene al corredo comportamentale noto, ma in queste vicende i particolari esprimono più di ogni altro commento sintetico e sono spesso raccapriccianti. Integrazione culturale vuol dire, in casi come questo, innanzitutto legalità nel senso di applicazione della legge penale senza eccezioni o attenuanti culturali».
Rete di protezione
Le fa eco l’avvocato Andreoni: «E’ importante far capire alle donne vittima di soprusi che c’è una rete di protezione pronta a farle uscire dall’incubo. Oggi stanno facendo assieme ai servizi sociali un percorso sulla genitorialità. Lui sembra mostrare pentimento, ma lei ha ancora paura». L’uomo dovrà affrontare anche il percorso per uomini maltrattanti con gli specialisti di “Dico tra noi” a Pesaro, il nuovo sportello per aiutare chi compie violenza.