Pesaro, i parrocchiani scrivono
al Papa: «Ci lasci Don Michele»

Una delegazione di parrocchiani
Una delegazione di parrocchiani
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Venerdì 23 Settembre 2016, 10:58
PESARO - «Papa Francesco, vogliamo che don Michele resti a Santa Veneranda, intervenga Lei». E’ una lunga lettera, quella che la comunità parrocchiale di Santa Veneranda ha scritto e inviato al Pontefice per «metterlo al corrente di una situazione molto delicata e degna di maggior considerazione che si sta verificando nella nostra Diocesi». «Il nostro arcivescovo, monsignor Piero Coccia - si legge in una parte della missiva - ha organizzato un piano di unità pastorali tra diverse parrocchie e di conseguenza lo spostamento di diversi parroci da una sede all’altra. Il nostro parroco, don Michele Rossini avrà l’incarico di seguire tre parrocchie di periferia, tra cui Santa Maria delle Fabbrecce - dovendosi trasferire insieme alla mamma e al fratello in una delle tre in pianta stabile».

I fedeli, nella missiva al Santo Padre, dicono di comprendere «che la scarsità di sacerdoti nella diocesi sia un problema ma quello che le vogliamo far conoscere è la situazione drammatica della famiglia di don Michele, nello specifico le condizioni di salute fisica della mamma Bruna e del fratello Paolo. I parrocchiani, dopo aver raccontato a Papa Francesco anche dei problemi di salute del fratello Paolo, ricordano che la scorsa settimana hanno «incontrato il nostro arcivescovo, esponendogli queste gravi problematiche, facendolo riflettere in ogni maniera sul fatto che questo provvedimento potrebbe causare danni seri a questa famiglia fragile e indifesa, già duramente provata, aiutata in questi anni da molti parrocchiani. Ma la sua reazione è stata di totale irremovibilità. Don Michele – aggiungono - pur essendo giovane, con questo grande dispiacere in cuore e precarie condizioni fisiche potrebbe avere seri problemi di salute e non riuscirebbe a sopportare il peso dell’incarico che gli verrebbe affidato». Nella missiva spedita in Vaticano, la comunità di Santa Veneranda si rivolge direttamente a Papa Francesco, «ammirati dalla Sua bontà, umanità e voglia di giustizia interrogandoci, se è lecito, che un pastore porti nello sconforto noi parrocchiani. Non è questo l’esempio che vogliamo seguire».
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