Largo Mamiani, troppo alte le spese. Dietrofront per il Mercato delle erbe di Pesaro

Gli ambulanti chiedono una soluzione più economica, il trasferimento diventa un rompicapo

Largo Mamiani, troppo alte le spese. Dietrofront per il Mercato delle erbe di Pesaro
Largo Mamiani, troppo alte le spese. Dietrofront per il Mercato delle erbe di Pesaro
di Miléna Bonaparte
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Mercoledì 15 Marzo 2023, 04:40 - Ultimo aggiornamento: 13:19
PESARO Si riapre la partita del trasferimento del Mercato delle erbe dal San Domenico, dove a settembre iniziano i lavori di ristrutturazione, l’atteso restyling con 6 milioni e 700 mila euro di fondi Pnrr. I conti non tornano nelle tasche degli ambulanti e loro, gli sfrattati, uno alla volta fanno dietrofront, ritirandosi alla spicciolata. La nuova sede temporanea prevista nella galleria di largo Mamiani, location scelta dagli operatori fra le tre alternative prospettate dal Comune, è troppo costosa per le 7 bancarelle, dove operano nove commercianti e tre agricoltori, in tutto 12 venditori che vivono di questa attività.  


I numeri


Per i locali di 200 metri quadrati di proprietà della Bnl, a due passi da piazza del Popolo, sono stati richiesti prima 40.000 euro di affitto all’anno, scesi dopo la trattativa del Comune a 20.000 euro, più le spese di condominio, le bollette di acqua, luce e gas, infine la Tari per i rifiuti e altre incombenze. In totale sono stati calcolati dalla Confesercenti non meno di 4.000 euro all’anno da sborsare a testa, mentre adesso per il chiostro del San Domenico le spese vive sono pressoché simboliche, qualche centinaia di euro annue a carico di ciascun operatore. Fatta una botta di conti dopo l’incontro con l’assessore alle Attività economiche Francesca Frenquellucci, gli ambulanti hanno concluso che non ci stanno dentro con i costi, neppure mettendosi in società per stipulare contratti unificati di tre anni (la durata del recupero al San Domenico), dividendosi le spese. 


E adesso?


«La fioraia ha fatto marcia indietro perché l’incasso giornaliero non glielo permette - afferma Enrico Bodini, coordinatore del Mercato delle erbe -, stesse difficoltà per uno dei banchi di frutta e verdura, mentre l’ambulante dei formaggi ha detto che ci sarebbe solo un paio di volte alla settimana e quello del miele chiede una piccola postazione davanti all’ingresso.

In largo Mamiani la sede viene a cifra troppo alta, non ce la facciamo. Qui al San Domenico il contratto d’affitto del Comune non è stato mai ritoccato negli ultimi anni, tenuto conto del luogo in degrado. Adesso tutti fanno dietrofront». Sembrerebbe quindi ormai esclusa la galleria di largo Mamiani, nello stabile dove hanno trovato spazio l’Anagrafe, poi lo Sportello Informa&Servizi e l’Urp. Anche perché i residenti e gli studi professionali dei condomini, tra i quali alcuni avvocati e un notaio, hanno fatto sapere che da regolamento non sono previste attività rumorose. E il Mercato delle erbe non è per niente gradito. Potrebbero tornare in campo le altre due opzioni del Comune, cioè un locale di 180 metri quadrati in viale Gramsci, vicino alla Chiccoteca, e l’area verde tra piazzale Cinelli e la caserma Del Monte. Ma la faccenda si complica parecchio.


Il rebus


«Le altre proposte non sono alternative valide - mette in chiaro Davide Ippaso, responsabile sindacale Confesercenti -, c’è stata massima disponibilità da parte dell’assessore Frenquellucci, che si è prodigata in maniera esemplare, ma il problema è a monte, nel progetto di ristrutturazione del San Domenico alcuni amministratori hanno fatto i conti senza l’oste. Nel finanziamento del Pnrr si dovevano prevedere risorse anche per spostare del mercato. A volte chi commissiona i piani non conosce il territorio, è mancata lungimiranza».
Ippaso sta soppesando sedi temporanee da proporre al Comune. «Vogliamo andare a fare uno sopralluogo nel cortile del vecchio tribunale, in via San Francesco, e potrebbero tornare in ballo i giardini Riz Ortolani. Agli ambulanti piacerebbe piazzale Matteotti, nell’area della domus romana. In realtà dovrebbero continuare a pagare quel che sborsano adesso perché non sono loro che se ne vogliono andare, il resto se lo dovrebbe accollare il Comune che li ha sfrattati».
 

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