«Come un'esplosione, ma siamo vivi»

3 Minuti di Lettura
Venerdì 26 Agosto 2016, 05:00
GLI SCAMPATIPESARO «È stata come un'esplosione. Una bomba. Sembrava di stare in guerra. Prima ho sentito lo spostamento d'aria, poi è venuto giù tutto. Siamo vivi, non so come sia possibile. E' un miracolo». Antonietta Tola e Francesco Micacchi, coppia di pensionati pesaresi, sono tra i pochi sopravvissuti al crollo dell'Hotel Roma, ad Amatrice. Erano arrivati martedì, dovevano restare pochi giorni nel paese di cui Micacchi è originario. Sono scampati al terremoto, neanche loro sanno come.

Il bollettino
Francesco Micacchi, è un ex funzionario Enel, sua moglie un ex insegnante in pensione. L'uomo è riuscito a liberarsi dai cumuli di macerie finitegli addosso, mettendosi in salvo con sua moglie Stremati, sotto choc e feriti, sono stati trasportati da Amatrice all'ospedale Torrette di Ancona, dove sono ricoverati per accertamenti ma vivi. La donna se l'è cavata con un paio di costole incrinate. Il marito ha un trauma cranico, ma sta bene. Si sono fatti visitare nel reparto di Osservazione breve intensiva, dove sono arrivati mercoledì, accompagnati in auto dalle due figlie che, appena saputo del terremoto, sono partite alla volta di Amatrice. «Chiamavo mia mamma al cellulare, ma non rispondeva», racconta Ilaria. «Non riuscivo ad avvicinarmi al cellulare, ero immobilizzata - spiega Antonietta -. Eravamo al secondo piano. Ci siamo ritrovati in un'unica grande stanza senza pareti. Chi stava sotto di noi ha avuto la peggio. Siamo rimasti lì tre ore perché mio marito non riusciva a camminare. Non l'avrei mai lasciato solo».
Quel ragazzo come un angelo
«Ci ha salvati un ragazzo che cercava la sorella, un angelo venuto dal cielo - racconta Francesco Micacchi -. Quando ho sentito il terremoto, ho detto a mia moglie di correre sotto la porta finestra. Non è rimasto più niente di quell'hotel, solo i pilastri. Noi siamo vivi per miracolo». «E' un miracolo, sono stati miracolati racconta Ilaria - Non ci sono parole, se si pensa e si vede la tragedia immane con i propri occhi, i miei genitori sono stati davvero fortunati e il cielo li ha protetti». Francesco e sua moglie sono legati ad Amatrice e a quelle frazioni storiche fra i monti della Laga, nell'Appennino laziale. Da Pesaro ci tornano periodicamente. «Erano arrivati per un periodo di vacanza da alcuni giorni racconta, ancora spaventata e incredula la figlia erano soliti ritornare anche diverse volte all'anno, in alcuni casi si fermavano anche solo un giorno, una gita, la buona cucina all'amatriciana per poi ritornare in serata, spesso il mio papà ci andava anche con amici di famiglia».
Scavare tra le macerie
Francesco e sua moglie alloggiavano al secondo piano dell'hotel Roma, albergo storico nel centro di Amatrice che ora non esiste più Quaranta stanze e un crollo che si è come diviso in due parti. Il signor Francesco e sua moglie, si sono salvati e non sanno come. Erano al secondo piano. Quando i primi due piani sono crollati dopo la scossa, si sono trovati fra ciò che restava delle loro stanze di albergo ma il coraggio e l'istinto di sopravvivenza, li ha salvati. Hanno iniziato loro stessi a scavare fra i cumuli, hanno provato in tutti i modi a farsi spazio e vedere la luce, la strada, davanti a loro e pian piano ci sono riusciti, liberandosi quasi da soli dalle macerie. Tre ore dopo, alle sei e trenta finalmente il rumore dei mezzi, le voci e l'arrivo dei soccorsi, Francesco e la moglie sono stati estratti, feriti, sconvolti ma vivi.
La partenza da Pesaro
«Siamo partite da Pesaro con mia sorella alle cinque del mattino racconta Ilaria per tutta la notte, dopo la scossa, abbiamo provato a raggiungerli al cellulare ma ogni tentativo andava a vuoto, non riuscivamo a metterci in contatto con l'albergo e potevamo vedere solo le immagini alla tv. Non potevo immaginare che di Amatrice non c'era più nulla. Quando siamo arrivate, poco prima delle otto, i nostri genitori erano già in salvo, nell'area campo dove venivano portati i feriti, una grande gioia, sono rimasti solo poche ore fra le macerie. Quando siamo arrivate, Amatrice non c'era più, non c'era più nulla ma i soccorritori sono stati straordinari, in tantissimi erano a scavare e portare aiuto. Papà non si è perso d'animo è stato forte e per tutte quelle interminabili ore con mamma, hanno provato ad aprire uno squarcio. Dopo averli ritrovati, abbiamo deciso di portarli all'ospedale Torrette, quello più vicino a noi».
Letizia Francesconi
© RIPRODUZIONE RISERVATA