Difficile rompere il muro di silenzio. Non sempre la persona in difficoltà ammette il proprio disagio

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Domenica 25 Giugno 2017, 05:00
IL WELFARE
MACERATA La città dei tremila muri, delle barriere invisibili che la solitudine ha eretto attorno ad anziani maceratesi senza un compagno per la vita per scelta o perché l'hanno perduto. Sono un esercito silenzioso che i radar della società fanno fatica a intercettare e sul quale spesso solo il dramma e la morte riescono a rompere la coltre della disattenzione quotidiana. Sono infatti 3.121 gli anziani che vivono da soli, ben più di un quarto degli 11.055 maceratesi con più di 65 anni: oltre 11 mila in una città ormai imbiancata che conta appena più di 42 mila abitanti.
Il progetto
Un numero imponente, grande come i problemi sociali che porta con sé e sui quali si prova ad accendere una luce attraverso progetti di inclusione sociale. Si chiama appunto Antenne sociali il progetto elaborato dall'associazione Anteas che cerca di intercettare le migliaia di solitudini per ricreare una rete di relazioni sociali, spazi comuni, iniziative di coinvolgimento e di supporto che impediscano che molte vite della porta accanto, affievolite dal silenzio e dalla distrazione, vadano alla deriva. Antenne sociali non si è dato un compito facile perché, come hanno ammesso gli operatori «sembra esserci un muro che bisogna sfondare se si vuole provare ad avvicinarsi al mondo degli anziani». Un muro fatto di sfiducia, di paura, e di insicurezza, cementate da una «cultura dell'autonomia» radicata nei decenni.
Il problema culturale
Il progetto è partito dalla lettura della situazione attraverso il dialogo con anziani, operatori nel sociale, medici di famiglia in cui si è confermato il paradosso di un disagio diffuso ma nello stesso tempo nascosto dagli stessi anziani. «Tanti, non sanno chiedere aiuto e tendono a non accettarlo quando viene loro proposto, specie se l'approccio di chi vuole aiutare in modo professionale è, o è considerato, troppo invasivo. Per questa ragione Anteas ha ritenuto di partire dall'inizio, dal dialogo con le persone che vivono nel condominio o nei palazzi vicini, che non hanno più relazioni. Sono partiti dal quartiere di Collevario e dai dialoghi è emerso un quadro complesso, variegato in cui non esiste una ricetta valida per ogni occasione. «Ogni anziano è un mondo a sé, i suoi bisogni sono speciali - spiegano all'Anteas - e interventi invasivi, se non strettamente necessari, sono controproducenti; è preferibile un approccio leggero, basato soprattutto sul dialogo, il primo loro bisogno; inoltre è necessario un impegno costante, non lasciarli a se stessi dopo i primi approcci e impedire pericolose solitudini di ritorno. Infine, ma questo è scontato, il coinvolgimento e il supporto della famiglia sono fondamentali. Essa deve essere il perno delle attività delle persone o delle realtà che ruotano attorno all'anziano, siano essi volontari, assistenti sociali, medici, vicini di casa o amministratori di condominio.
Gli interventi
Dai bisogni agli interventi pratici. Con Antenne sociali Anteas propone alcune azioni possibili, come per esempio sperimentare servizi di cohousing attraverso appartamenti con servizi comuni (lavanderia, salone, telesoccorso, ecc.) dove gli anziani siano seguiti continuamente; iniziative di tipo ludico, ricreativo o culturale, specie nelle ore pomeridiane, periodo del giorno più temuto, per ricreare spazi di aggregazione leggeri e non impegnativi; infine raccogliere la disponibilità di volontari a svolgere mansioni legate alla gestione della casa come piccole riparazioni, lettura di contatori, e così via.