«Voglio ritirare le accuse» Ma la giustizia non può ascoltare il papà, il procedimento per maltrattamenti ha fatto il suo corso

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Martedì 26 Settembre 2017, 05:00
IL CASO
ANCONA «Mio figlio mi aveva picchiato e così ho sporto denuncia. L'ho fatto solo perché speravo che lo potessero ricoverare per i suoi problemi psichici. Non volevo che finisse a processo. Ora, non posso fare niente per impedire che questo accada». Ieri mattina, un anconetano di 75 anni, padre di un 53enne seguito da tempo da strutture specializzate in malattie mentali, si è presentato davanti al gup con l'intenzione di ritirare le accuse formalizzate ai carabinieri meno di un anno fa confluite in un procedimento penale per maltrattamenti che abbracciano un periodo di tempo dal 1984 al 2017.
La richiesta
Mai avrebbe pensato che quella querela potesse essere intoccabile. Accompagnato dalla moglie in tribunale, si è ritrovato catapultato nell'udienza preliminare che potrebbe portare suo figlio sul banco degli imputati, schiacciato dai dettami di una giustizia che va contro la sua volontà. «Ma io voglio ritirare la denuncia. Voglio solo che mio figlio sia curato» ha detto alla difesa, rappresentata dall'avvocato Eugenio Tummarello. Impossibile per il codice penale italiano. Il reato di maltrattamenti è procedibile d'ufficio. Si va avanti comunque, nonostante l'intenzione della vittima. E lo stato mentale del 53enne, da mesi ricoverato in una clinica di riabilitazione. Prima di entrare in aula, sono stati gli stessi genitori a consegnare all'avvocato una certificazione medica che attesta le turbe psichiche di cui soffre il figlio.
La perizia
A salvarlo dal dibattimento potrebbe essere il risultato di una perizia psichiatrica, chiesta ieri dalla difesa e accolta sia dal pm che dal gup. Si procederà attraverso questa via. È l'unico modo che i genitori hanno per vedere il loro figlio salvo da un reato, contestualizzato in un arco di tempo che abbraccia tre decadi, che prevede pene che vanno dai due ai sei anni. Tutto è nato lo scorso inverno. In uno dei suoi raptus, il 53enne avrebbe innescato un litigio con il padre per una questione economica. Al culmine, l'anziano avrebbe ricevuto tre pugni in pieno volto. A quel punto, stanco dei comportamenti sempre più aggressivi del figlio, causati dall'acutizzarsi della malattia, si è rivolto ai carabinieri. «Sono andato per chiedere aiuto, non sapevo proprio cosa fare». Davanti ai militari, ha raccontato gli episodi di violenza pregressi perpetrati dal figlio. Il fiume in piena ha fatto nascere una querela, arrivata poi negli uffici della procura: maltrattamenti in famiglia la contestazione formulata. È partito così il procedimento penale, fatto anche di un incidente probatorio dove è stato ascoltato l'indagato, arrivato in tribunale con gli operatori sanitari. L'ultima fase si è svolta ieri, quando il gup avrebbe dovuto decidere sul rinvio a giudizio.
La commozione
Presenti i suoi genitori, pronti a ritirare le accuse formulate in un momento di rabbia, panico e paura: «Ho sporto denuncia solo per allontanarlo da casa e farlo ricoverare. Non pensavo di finire in tribunale». In udienza, la mamma si è commossa più volte. Non voleva che le cose andassero in questo modo. Ma non c'è niente che la coppia possa fare. I due anziani vorrebbero stare dalla parte del figlio, ma non possono. «È evidente il vizio di mente da cui è affetto il mio cliente ha detto l'avvocato Tummarello -. Come avevo già detto durante l'incidente probatorio, non c'è bisogno di arrivare a processo. Il gup ha avvalorato la mia richiesta di richiedere una perizia psichiatrica». La prossima udienza si terrà il 16 ottobre, poi il conferimento dell'incarico a un perito. È dall'esito degli accertamenti che verrà giudicata l'imputabilità o meno del 53enne.
Federica Serfilippi
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