Via da tutto, anche dal carcere «Da Camerino scappo in trolley»

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Venerdì 28 Ottobre 2016, 05:00
IL REPORTAGEdal nostro inviato
CAMERINO Dalla nebbia con sirene e caos in piazza Cavour di mezzanotte, al silenzio spettrale di dodici ore dopo. Cambia in fretta il mondo a Camerino: i due estremi da fine del mondo si toccano in maniera agghiacciante, paradossale. Il senso di compiutezza tipico della comunità nata per un luogo, armonizzato da due millenni di invasioni, lotte medioevali, tenzoni rinascimentali ed effervescenza universitaria sparisce nel triangolo delle bermude di tre scosse terribili. La città dei terzieri non chiude occhio atterrita dal mostro delle scale Richter, in ginocchio dopo una notte con il fiatone e l'angoscia per tirare fuori, a forza, i vecchi che non vogliono venire fuori dalle case «tanto, se abbiamo superato quello del 1997, superiamo anche questo» ringhiano ai soccorritori dietro i portoni incastrati che non si aprono.
Peggio che nel 1997
In piazza Cavour all'una di notte c'è di tutto: nebbia, pioggia (per non farsi mancare nulla), gli universitari della generazione trolley, sirene per ogni ansia, i pullman dove bisogna per forza salire. Per lasciarsi dietro un baratro (quello della paura per le scosse micidiali) e abbracciarne un altro: quello dello smarrimento per il futuro. È la cronaca di una notte di terrore, di un sapore maledetto, acre come la polvere che si respira ovunque, già vissuto 19 anni fa nella città che cuba 7000 persone e 8000 studenti. Sotto il crollo del campanile di Santa Maria in Via, la chiesa riconsegnata pochi anni fa dopo un lungo restauro, restano in molti. Anche se sono salve le studentesse dell'appartamento sventrato dal cedimento. Anche se in centro storico le case sono in piedi e i crolli significativi con cumuli di macerie non superano il tetto dei dieci, le inagibilità fioccheranno per le decine di palazzi istituzionali, le sedi dell'università che in via Veneziani, due passi da piazza Cavour spuntano a ogni portone: Medicina Legale, orto botanico, biblioteca giuridica, il palazzo ducale che ospita il rettorato. Per respirare un alito di vita bisogna aspettare lo scoccare delle ore: il campanile del Duomo si fa sentire nel silenzio assordante del giorno dopo. Troppo poco, non c'è partita, se l'altro segnale di vita in zona rossa è una luminaria verde accesa: via Massei, l'Emporio dell'hi tech. Poco più in là, in piazza Garibaldi, sotto il loggiato del circolo cittadino, sedie e tavolini rovesciati, l'hotel Roma e il cinema sembrano mummie. Percorrere la strettissima via Favorino è un colpo al cuore: di emozione per i garage e i portoni aperti, simbolo della vita spezzata alle 19.11 e alle 21.16, ma anche di paura perchè i calcinacci ovunque urlano di pericolo vivo.
I cumuli di macerie
Nel cuore del centro spuntano anche le macerie: davanti ai Duchi, a San Filippo (sei auto sepolte; ristrutturata con i fondi Fesr, dice la targhetta mestamente orgogliosa) e soprattutto sotto Santa Maria in Via. Dietro, a porta Malatesta, na delle poche abitazioni violate. Una parete scoperta al terzo piano. Non se la cava meglio il comando Compagnia dei carabinieri, lesionato, come il carcere, praticamente adiacenti. Lo sgombero del penitenziario è stato un miracolo realizzato da cinquanta agenti arrivati a mezzanotte da Pesaro, Ancona, Macerata e Ascoli e una squadra dei vigili del fuoco di Tolentino. Va raccontato: con i pezzi di calcinacci che piovono ovunque 42 detenuti, 34 uomini e 8 donne, vengono portati nel cortile passeggi.