Umiliato dai bulli a scuola perché non veste firmato

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Lunedì 27 Febbraio 2017, 05:00
L'EMERGENZA
ANCONA Se sei un bullo devi vestire alla moda, anche se hai dodici anni e metteresti la tua griffe sulle scarpe, sui jeans e sul giubbotto perché sei tu il boss. Ma sul look no, devi cedere perché fa figo seguire la tendenza, sfoggiare calzoni bucati, piumino in, magliette aderenti su addominali già scolpiti. Allora hai il fisico del ruolo per fare il predatore e guidare il gruppetto di giustizieri nella caccia alla vittima predestinata: il compagno cicciottello che gira con scarpe, giubbino e maglioni senza il logo di grido perché è un lusso che la famiglia non può permettersi.
Il compagno nel mirino
E lo scherniscono al grido: «Sei un poveraccio», gli puntano il dito contro, gli tolgono sicurezze, sorrisi e l'aria che respira, lo umiliano pure quando lui pensava che fosse finalmente arrivato il suo momento, quello del riscatto: l'entrata in classe con le scarpe da tennis muove di zecca, di marca: un regalo che ha voluto fargli la mamma in un gesto di sacrificio e d'amore. Inutile perché quelli non hanno ceduto, gliele hanno fatte togliere per dimostrare che erano false, perché lui è sfigato e non potevano mai essere originali. Arriva da Castelfidardo l'eco della sofferenza di Luca, il nome e di fantasia, la sua storia è solo una nel patchwork rabbrividente cucito dal filo dei soprusi. Marco ha appena quattro anni, va a scuola materna. Alza spesso le mani su Nicolas, che è più piccolo e più debole di lui, e ha sempre paura. Ha il terrore di prendere schiaffi e gli basta uno sguardo di Marco per capire che deve dargli la merenda sennò per lui finisce male. Alessia di anni ne ha undici e fa la prima media. E la più brava della classe, e dolce e sensibile. Un varco nel quale s'infila come un coltello nel burro e una lama nell'anima la malizia di Giovanni, il capo branco. La prende in giro, non la lascia in pace mai, i bei voti soffiano sul fuoco della cattiveria dello spaccone e dei suoi sodali. Un giorno la spintonano a terra, lei finisce all'ospedale con una spalla lussata e la sua sorte di vittima di soprusi in un fascicolo della questura.
L'incubo sul bus
Andrea, quattordicenne, prende tutti i giorni il bus per andare a scuola e ogni volta un mini viaggio all'inferno. Lui è un ragazzino introverso ed educato, doppio peccato mortale nella terra di nessuno del pullman. Deve sopportare manate e insulti dei più grandi, cedere il posto a quelli con i muscoli che gonfiano il giubbotto e il ghigno che disegna perfidia sul volto. E poi respira veleno. L'autobus è una camera a gas, anche gli sbuffi degli spinelli sono il marchio di fabbrica dei baby teppisti: comandano loro. Dettano legge, vietano anche di abbassare i finestrini perché fa troppo freddo. Andrea sta male, ha sbalzi d'umore e conati di vomito, e soffre in silenzio.
Il potere dei più forti
Il bullismo è un mostro che non ti molla, segue la parabola della crescita e non fa mai sconti. Non importa se sei alto o basso, bello o brutto, ricco o l'obeso. Quel che conta è che finisci nel mirino dei prepotenti, quelli che agiscono in gruppo. Gattini che miagolano davanti allo specchio, belve che ringhiano accanto ai complici di scorribande davanti a ragazzini con lo sguardo, e il morale, a terra. Predicano l'unica religione che conoscono, il Credo del più forte, come se la classe o la strada fossero la giungla. Da una parte ragazzi, e ragazze, che minacciano, picchiano, mettono in croce con piccole grandi estorsioni per farsi dare di tutto, dallo snack ai compiti, al cellulare. Quelli che prevaricano, armati da un cocktail esplosivo: disagio sociale, fragilità emotiva, modelli socioculturali aggressivi stile eroi imbattibili dei videogames. Dall'altra bambini, adolescenti, ragazzini deboli, anime in pena che spesso si passano una mano tremula sui lividi lasciati dentro e fuori da umiliazioni e cazzotti. Per un po' di conforto.