LA CITTÀ
ANCONA C'è chi non vede l'ora di vederli traslocare, «perché

3 Minuti di Lettura
Venerdì 24 Marzo 2017, 05:00
LA CITTÀ
ANCONA C'è chi non vede l'ora di vederli traslocare, «perché non rispettano la regole, creando confusione, disordine e schiamazzi in piena notte». E c'è chi, invece, sta dalla loro parte, sostenendo che «non sono affatto un problema. Anzi, ravvivano la vita di quartiere». Tra le due posizioni contrastanti, però, c'è un punto su cui sembrano essere tutti d'accordo, nessuno escluso: la mancata integrazione tra gli italiani e i cittadini musulmani residenti ad Ancona.
I due centri
Più che una problematica è una questione sociale che non sembra avere una soluzione, soprattutto in una zona, quella che si sviluppa lungo via Dalmazia, dove trovano posto due centri culturali islamici, al civico 24 e 54. Piccoli spazi entrambi dislocati ai piedi di due condomini a poca distanza l'uno dall'altro la cui presenza divide le opinioni dei residenti all'indomani della notizia della possibile costruzione di un unico grande centro islamico nei pressi della stazione ferroviaria comprendente i due luoghi di culto di via Dalmazia, la moschea di via Di Vittorio, alla Baraccola, e la scuola coranica. Se l'ipotesi portata mercoledì all'attenzione della giunta comunale dal capogruppo Udc Tommaso Sanna dovesse realizzarsi, il trasferimento delle tre aree consentirebbe ai fedeli di agglomerarsi in un solo punto, uno dei più grandi di tutte le Marche.
I residenti
Si creerà un'area ghetto o una struttura culturale capace di dialogare con il resto della cittadinanza? E poi, diventeranno ancora più spinose le questioni - tra cui la mancata integrazione e il non rispetto delle regole civiche - con cui hanno dovuto fare i conti in questi anni i residenti di via Dalmazia, una strada che è diventata lo specchio del multiculturalismo? «Da quando le due moschee sono qui afferma Nello Mariani, che abita nel condominio dove sorge uno dei due centri - non c'è mai stato alcun tipo di problema con i musulmani. Sono lavoratori, si comportano bene e tutto sommato sono dei buoni vicini. Certo, ogni tanto si sentono dei ragazzi che pregano e cantano, ma non sono queste le cose che a me danno fastidio. Alcune persone della zona, invece, non le digeriscono. Sarebbe ipocrita dire che non esiste il razzismo e che tutti sono felici di averli qui». È della stessa idea Fulvio Carletti che due anni ha fa ha affittato il locale al civico 24 ai fedeli di Maometto, una struttura di circa 200 metri quadrati dove il venerdì, giorno in cui si leggono le preghiere pubbliche, possono arrivare anche 150 persone che, secondo alcuni, disseminano auto un po' ovunque, creando caos in tutta la zona.
Le scarpe
«Dal punto di vista della sicurezza sostiene Carletti non ci possiamo affatto lamentare. Col tempo si è instaurato un bel rapporto, anche perché la maggior parte dei musulmani che frequenta questi due centri abita nella zona. Ci si saluta come buoni vicini e se c'è un problema si risolve insieme». All'inizio, ad esempio, alcuni residenti si erano lamentati dell'usanza degli islamici di lasciare fuori dalla moschea le scarpe, invadendo così i marciapiedi. «C'è stata una piccola lamentela ricorda Carletti ma appena abbiamo detto ai loro referenti che la cosa poteva dare fastidio l'hanno subito risolta. Ora le scarpe fuori non si vedono più». Problemi minimi che però possono sembrare enormi ad alcuni residenti, più restii nel vedere il loro quartiere gremito di usi e costumi diversissimi dai loro. «È davvero difficile conclude che possa avvenire un'integrazione completa, perché ancora si tende a vedere la diversità. Forse ancora certe persone non sono pronte a conviverci insieme».