Anche Mondini getta la spugna L'Ancona scompare dal calcio

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Venerdì 18 Agosto 2017, 05:00
LA RESA
ANCONA È finita. Una lunga storia durata 112 anni si è interrotta ufficialmente ieri, poco prima dell'ora di pranzo. Ma stavolta, come succede di solito nei romanzi, non c'è stato il lieto fine. L'avvocato Lorenzo Mondini, nonostante l'impegno per cercare di mantenere viva la passione per il calcio, ha alzato ufficialmente bandiera bianca mentre stava sistemando gli ultimi incartamenti da presentare negli uffici della federazione per ottenere la matricola.
La decisione
«Ho ricevuto una mail dai ragazzi della Curva Nord ha detto il legale falconarese - un comunicato di poche righe con scritto quello che sarebbe stata la loro posizione. Non posso procedere senza l'appoggio dei sostenitori più caldi della nostra tifoseria. Il mio era un progetto difficile da applicare, me ne rendo conto, ma senza l'appoggio delle istituzioni e della parte più forte dell'economia locale, non potevo far altro. Mi sono impegnato, ho fatto quello che era nelle mie possibilità».
A questo punto difficilmente si svolgerà l'assemblea pubblica in programma per disquisire su cosa scegliere, la questione è chiusa. Come il calcio nel capoluogo, d'altronde. Ad eccezione di alcune società presenti all'interno della nostra città e che magari proprio l'Ancona avrebbe dovuto affrontare il fine settimana. «Gli Ultras, così come penso la maggior parte dei sostenitori - ha aggiunto Mondini -, non hanno accettato l'idea di confrontarsi con formazioni di basso profilo. Sarebbe stata un'umiliazione troppo pesante da digerire».
Anno sabbatico
Un capoluogo senza calcio, sembra impossibile ma così è. Molti diranno che non è una tragedia, che i problemi sono altri e che è possibile vivere anche senza. Tutto vero, però non è giusto neanche trascurare lo stato d'animo di chi in questo momento soffre per una passione che non morirà mai. Quello che continua ad essere inaccettabile è l'indifferenza, il silenzio di chi avrebbe potuto fare qualcosa ma è rimasto inerme. Per mantenere in vita una squadra dilettantistica non serviva di certo uno sceicco che comunque sarebbe stato il benvenuto, ma un imprenditore mosso almeno da un briciolo di orgoglio e da un minimo senso di appartenenza. Ne abbiamo visti tanti in tribuna fare passerella in tempi decisamente migliori. Ora, dove sono? Un anno di stop, è questo lo scenario che si profila. Un periodo di pausa che consentirebbe a qualche interessato di lavorare con più calma in vista del futuro. Mondini avrebbe fatto giocare la squadra a Falconara, uno stadio sistemato e funzionale per la categoria, una squadra da individuare. Questi sono i temi. Ma il problema è un altro: siamo sicuri che questo avverrà tra qualche mese? Il rischio che non cambi nulla è concreto, nonostante le parole di Sergio Schiavoni e Stefano Marconi che si sono lasciati con un arrivederci dopo aver ragionato se intervenire subito. Ammesso che siano loro le persone interessate, va detto che la ripartenza sarebbe dalla terza categoria. Sai che soddisfazione. A meno che non si chieda di acquistare il titolo sportivo di un club limitrofo, ma sarebbe giusto? Ecco perché bisognava fare il possibile per ripartire dall'Eccellenza.
Nulla dopo Miani
I vari interlocutori che si sono avvicendati in questa triste storia hanno sempre dichiarato che non avrebbero mai dato man forte alla società presieduta in precedenza dall'ad David Miani, affermando che il sodalizio doveva essere pulito economicamente e senza ombre. Quando questo è avvenuto nessuno ha mosso un dito producendo solamente tante chiacchiere. Partner volatilizzati come per incanto, nemmeno ci fosse un mago. I fatti hanno evidenziato una volta in più questo: chi desidera fare calcio ad un certo livello deve essere solo al comando. Le compagini allargate, perlomeno ad Ancona, non hanno mai funzionato. Occorre un azionista di riferimento che goda di un budget di rilievo. Poi sponsor o soci di minoranza sono i benvenuti, ma non esiste altro. Lo dimostrano anche i club più piccoli di periferia che, seppur con fatica, vanno avanti lo stesso. Figuriamoci una società professionistica: non ci sono società marchigiane con 5/6 proprietari.
Nessun precedente
In 112 anni di storia il calcio ad Ancona era sempre ripartito, con proprietà talvolta discutibili, ma qualcuno si era sempre preso la briga di rilanciare il calcio sotto il Guasco. Oggi non c'è un filo logico, è difficile anche da raccontare perché la trama è talmente assurda che ha raggiunto un livello stucchevole. E almeno stavolta non si dica che la colpa è dei tifosi: il pubblico biancorosso, quello che c'è stato sempre, non poteva far altro. Difficile anche protestare. A sette anni dall'avvento di Marinelli, con tre tornei professionistici alle spalle, l'Ancona è di nuovo al capolinea. Con l'interesse di pochi e nell'indifferenza di tutti.
Paolo Papili
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