Alta velocità e Fondazione Carifano: «É una priorità, ma la politica ci deve credere»

Alta velocità e Fondazione Carifano: «É una priorità, ma la politica ci deve credere»
Alta velocità e Fondazione Carifano: «É una priorità, ma la politica ci deve credere»
di Lorenzo Furlani
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Sabato 27 Marzo 2021, 09:00 - Ultimo aggiornamento: 09:13

Giorgio Gragnola, presidente della Fondazione Carifano, dal punto di vista territoriale di chi avverte sotto vari aspetti la forza di attrazione dell’Emilia Romagna, l’Alta velocità ferroviaria è un’opzione importante?
«Il tema delle infrastrutture non è una novità, è una priorità sia per l’Italia che per le Marche e certamente lo anche per il nostro territorio; credo che la risposta affermativa sia abbastanza scontata».

Condivide l’idea che, se non si coglie l’opportunità del Recovery fund per superare il gap storico delle infrastrutture materiali, le Marche possano perdere, non solo in senso figurato, il treno dello sviluppo, forse l’ultimo?
«Io non ho elementi per dire se questo sia l’ultimo treno o il penultimo o se piuttosto l’ultimo treno sia già passato. Certo è che quello che ci viene annunciato, questa pioggia di miliardi di euro, va canalizzato nel modo più efficace possibile per fare compiere un salto di qualità alle infrastrutture del nostro territorio».
L’Ordine degli ingegneri di Ancona ha presentato uno studio di pre fattibilità che stima un investimento nelle Marche di 10 miliardi di euro per l’Alta velocità, la Regione dal canto suo ha chiesto al governo un commissario straordinario e i fondi per la progettazione mettendo in conto l’arretramento dell’intera linea Bologna-Lecce per liberare la costa, con potenzialità straordinarie anche per il turismo. Che ne pensa?
«Essendo impegnato quotidianamente in prima linea anche nella professione, sono convinto che un conto sono i sogni, a cui certamente bisogna tendere, un conto è la realtà. Noi non dobbiamo perdere la dimensione dei numeri perché se lo facciamo compiamo un’esercitazione che poi non trova la sua concreta attuazione. Nel momento in cui si parte con la progettazione è necessario che sia acquisita una decisione politica strategica che spetta al governo definire, perché troppi progetti anche in passato sono stati realizzati senza poi una concreta attuazione dell’opera, quindi disperdendo le risorse».
D’altro canto, se non ci credono i marchigiani è difficile che qualcun altro si impegni per risolvere i nostri problemi. I fondi ingenti possono essere un ostacolo: le fondazioni, tra quelle bancarie Fano ha il secondo patrimonio nella regione, potrebbero concorrere a finanziare lo studio di fattibilità (1% sui costi dell’opera, quindi 100 milioni salvo il ribasso d’asta) per mettere un punto fermo nell’iter?
«I numeri sono fuori dal contesto e dalla portata delle fondazioni. Il patrimonio della Fondazione Carifano è di 115 milioni. Noi per statuto abbiamo il compito di erogare sul territorio nei settori di intervento le rendite di questo patrimonio, che nel bilancio 2020 tra tassazione, costi di gestione e quant’altro assommano a 1,2 milioni di euro, perché abbiamo fatto uno sforzo straordinario per supportare il servizio sanitario in questo momento difficile. I fondi che eroghiamo devono essere dei moltiplicatori sul territorio per ottenere il massimo frutto possibile».
Da statuto, scopo della fondazione è la promozione dello sviluppo economico del territorio: dunque, come potrebbe essere svolta questa missione rispetto all’opzione dell’Alta velocità? Un’azione di moral suasion di tutti gli enti su governo e Rete Ferroviaria Italiana?
«Da questo punto di vista non ho preclusioni. Chiarito che il progetto di fattibilità lo deve fare chi realizza l’opera, cioè Rfi, per non correre il rischio di impiegare inutilmente le risorse, avendo noi la missione di ascoltare i bisogni del territorio possiamo certamente farci parte diligente per stimolare un dibattito e verificare se effettivamente questa infrastruttura venga ritenuta prioritaria così da svolgere, insieme alle altre fondazioni, un’azione di moral suasion per rappresentare l’esigenza sentita dal basso».
In base alle sue relazioni, quale crede che sia la via più efficace per centrare l’obiettivo e non impiegare il tempo solamente nei dibattiti?
«Questo non lo so.

La fondazione può mettere in programma un confronto con gli attori del territorio di riferimento. Certo è che ognuno deve fare il suo. Questi progetti si realizzano con il contributo di tanti e con l’ispirazione di pochi che muovono consenso e riescono a indirizzare le decisioni. Ma la prima che ci deve credere è la politica ai vari livelli, che ha tutti gli strumenti per comprendere le esigenze e sviluppare le potenzialità».

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