Ricostruzione da accelerare: anche i detenuti lavoreranno nei cantieri del sisma

Ricostruzione da accelerare: anche i detenuti lavoreranno nei cantieri del sisma
Ricostruzione da accelerare: anche i detenuti lavoreranno nei cantieri del sisma
di Giulia Sancricca
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Giovedì 20 Ottobre 2022, 03:00 - Ultimo aggiornamento: 21 Ottobre, 08:17

ANCONA - C’è chi deve ricostruire una comunità e chi la propria vita. Si incontrano così i detenuti del centro Italia con i cantieri del sisma. Nell’esigenza di rimettere in piedi qualcosa o qualcuno, mattone dopo mattone, sia esso utile a rinsaldare l’animo o le strutture di un paese intero. E allora si intrecciano le storie di chi è detenuto nelle Marche (ma anche in Abruzzo, Lazio, Molise, e Umbria) e quelle di chi, in queste stesse terre, ha perso tutto con il terremoto del 2016. L’unico comune denominatore sarà la voglia di riavere indietro la propria vita.

Per quanto riguarda la regione Marche saranno coinvolte le carceri di Montacuto ad Ancona, Villa Fastiggi a Pesaro e di Marino del Tronto ad Ascoli; tra le case di reclusione, Barcaglione di Ancona, e quelle di Fermo e Fossombrone.

Interessata anche la provincia di Macerata, sebbene il carcere di Camerino sia inagibile. 


L’accordo


Su queste basi è nato un protocollo d’intesa che offre ai detenuti l’occasione di lavorare - scontando la propria pena - nei cantieri di oltre 5mila opere di ricostruzione pubblica e 2.500 chiese danneggiate dal sisma tra le quali ci sono anche quelle della regione Marche. L’accordo è stato siglato ieri, nella sede del ministero della Giustizia, tra il commissario straordinario alla ricostruzione Giovanni Legnini, il ministro uscente Marta Cartabia, il presidente della Conferenza episcopale italiana Matteo Maria Zuppi, il presidente del Consiglio nazionale dell’Anci Enzo Bianco e il vicepresidente Ance con delega alla ricostruzione del centro Italia Piero Petrucco. Era presente anche il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Carlo Renoldi. L’obiettivo è quello di aumentare le opportunità di lavoro, strumento indispensabile per il pieno reinserimento sociale di chi sta scontando una pena detentiva in 35 istituti del centro Italia. Il numero dei detenuti coinvolti dipenderà dal programma dei lavori e dai cantieri individuati. Le modalità di inserimento lavorativo verranno definite in base ai profili dei singoli detenuti e alle esigenze delle aziende. Al commissario Legnini spetterà la funzione di raccordo delle attività, mentre il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria individuerà i detenuti idonei, in accordo con la Magistratura di sorveglianza. La Cei promuoverà, alle imprese impegnate nella ricostruzione degli edifici di culto, l’utilizzo di manodopera da parte dei detenuti. 


I ruoli di tutte le istituzioni coinvolte


Ance diffonderà alle proprie strutture territoriali e - per il loro tramite - anche agli enti bilaterali del sistema, i contenuti del protocollo; allo stesso modo, anche Anci nei Comuni che ospitano strutture penitenziarie. Definito anche un comitato paritetico di gestione, composto dai rappresentanti dei firmatari, che sarà istituto entro 15 giorni, con il compito di promuovere e monitorare le attività. «Ricostruire gli edifici, per ricostruire anche le proprie vite e sentirsi parte della comunità - le parole del ministro Marta Cartabia -. Ha un fortissimo significato simbolico il protocollo che permetterà ad alcune persone di uscire dal carcere per lavorare nei cantieri dei paesi feriti dai terremoti». Un accordo denso di significati secondo il commissario Legnini.

«Consentire ai detenuti che ne hanno titolo, sulla base delle disposizioni dell’ordinamento penitenziario, di lavorare nei cantieri pubblici e di ricostruzione delle Chiese nell’enorme cratere del centro Italia rappresenta una bella opportunità per inverare il principio della funzione rieducativa della pena e per le imprese di formare ed utilizzare personale motivato a dare un contributo a questa importante finalità pubblica. Adesso si tratterà di attuarlo con la stessa dedizione e sensibilità dimostrati nella definizione dell’accordo». 

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