Il professor Menzo: «La variante inglese si espande. I vaccini devono essere rivisti per la brasiliana e sudafricana»

Il professor Menzo, direttore del laboratorio di Virologia di Torrette
Il professor Menzo, direttore del laboratorio di Virologia di Torrette
di Martina Marinangeli
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Domenica 21 Febbraio 2021, 02:45

ANCONA - Professor Stefano Menzo, direttore del laboratorio di Virologia dell’azienda ospedaliera Ospedali riuniti di Torrette, nella provincia di Ancona continua la progressione del contagio, soprattutto a causa della diffusione della variante inglese: qual è la situazione?


«Ad Ancona c’è stato un sorpasso della variante inglese rispetto al virus presente prima. Ormai abbiamo quasi solo variante inglese ad Ancona e zone limitrofe, anche se la situazione non è omogenea in tutta la provincia».

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Nelle altre province, invece, l’incidenza della variante inglese è minore? 
«A Macerata siamo più o meno a metà.

Nel Fermano e nell’Ascolano sta appena iniziando, mentre a Pesaro ed Urbino siamo ad una via di mezzo».


Oltre a quella inglese, nelle Marche sono stati individuati anche alcuni casi di varianti brasiliana e sudafricana.
«Sì, ma al momento solo qualche caso sporadico».


Qual è la differenza tra le tre varianti a parte il luogo d’origine?
«La sudafricana e la brasiliana hanno una mutazione che riguarda proprio il punto di attacco del virus sul recettore della cellula. C’è il rischio che siano meno sensibili agli anticorpi dei vaccinati. Invece, in quella inglese questo rischio sembra marginale e quindi dovrebbe rispondere meglio alla profilassi, come recentemente verificato».


Per la brasiliana e la sudafricana, dunque, potrebbe servire un “aggiustamento” dei vaccini? 
«Sicuramente».


E questo è fattibile nel breve periodo? 
«Sì, lo stanno già facendo».


Le tre varianti in circolazione si diffondono con la stessa velocità? 
«Quella inglese sembra avere un margine in più rispetto alle altre. Ha cominciato con pochi casi, ma nel giro di qualche settimana è diventata prevalente: questo dimostra inequivocabilmente il suo grande vantaggio in termini di contagiosità».


Dovremo aspettarci che si sviluppino altre varianti?
«Non si sa mai, ma credo di no. Queste varianti hanno avuto tanto tempo per svilupparsi in continenti dove l’infezione è stata incontrastata. Parliamo di milioni di contagi, che non sono ufficialmente comparsi da nessuna parte, ma che sono avvenuti. In Africa, in India, in Brasile: questo è stato il crogiolo di queste varianti. Ora stanno raggiungendo l’immunità di gregge e non avranno più tutti questi contagi: sarà dunque difficile che vengano fuori varianti così diverse dai virus che circolano ora. Magari ci sarà qualche piccola variazione».


Quanti casi di varianti avete sequenziato finora? 
«Abbiamo un test che rileva le varianti anche senza sequenza, ma comunque avremo sequenziato tra i 100 ed i 150 casi. Il lavoro però viene fatto con un test dedicato».


Il fatto che anche nelle altre province marchigiane sia stata individuata la variante inglese, significa che nelle prossime settimane seguiranno il trend di Ancona? 
«Sì, è possibile. Ma mi aspetto che in tutta Italia sia così, perché le misure in atto non sono sufficienti a limitare il contagio».


Che misure servirebbero, a suo parere?
«È è sempre sgradevole quando si parla di chiusure, ma scuole e locali aperti sono i punti critici. È sempre un bilancio di compromesso. La cosa più utile è che le persone siano più consapevoli e responsabili».


Si è sentito il contraccolpo della riapertura delle scuole? 
«Sì, decisamente. Nelle scuole tantissime persone vengono a contatto tra loro ogni giorno, è inevitabile».


Intanto, va avanti la campagna vaccinale: che copertura servirà prima di poter parlare di immunità di gregge?
«Con meno dell’80% di vaccinati, è difficile che otterremo grandi risultati. In Israele, per esempio, sono arrivati al 50% di vaccinazioni e vedono una discreta riduzione dei contagi. Ma per vedere l’annullamento della circolazione bisogna arrivare almeno all’80%. Non è, però, un calcolo facilmente eseguibile perché dipende anche dalle varianti che, come abbiamo visto, sono più contagiose e ciò aumenta un po’ la necessità di incrementare la percentuale di immunità».

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