L'infettivologo Tavio e la nuova minaccia: «Entro due settimane sapremo quanto Omicron sia da temere. Intanto procediamo con vaccini e mascherine»

L'infettivologo Tavio e la nuova minaccia: «Entro due settimane sapremo quanto Omicron sia da temere. Intanto procediamo con vaccini e mascherine»
L'infettivologo Tavio e la nuova minaccia: «Entro due settimane sapremo quanto Omicron sia da temere. Intanto procediamo con vaccini e mascherine»
di Martina Marinangeli
4 Minuti di Lettura
Domenica 28 Novembre 2021, 08:53

Professor Marcello Tavio, presidente degli infettivologi italiani e primario della divisione di Malattie infettive all’ospedale di Torrette, la variante Omicron, nella zona dello spike, presenta 32 mutazioni rispetto al virus originale di Wuhan: questo la rende più pericolosa? 


«I virologi hanno evidenziato la presenza di queste numerose mutazioni che, come tali, possono portare ad una situazione di vantaggio della Omicron sulle varianti che circolano attualmente e, di conseguenza, ad una progressiva sostituzione, in particolare, della Delta che ora è quella dominante».

 
In quanto tempo capiremo se questo vantaggio è reale?
«Quello che abbiamo imparato finora è che le sostituzioni di una variante rispetto ad un’altra sono veloci: in sei settimane, la gran parte della sostituzione è avvenuta quindi, nell’arco di due settimane, sapremo sul campo – e non in laboratorio – se queste mutazioni sono favorevoli. Se in una popolazione di tutti vaccinati, la variante riesce ad infettare, far ammalare e far morire molte persone, vuol dire che il vaccino ha smesso di funzionare contro questa variante».


C’è il rischio che “buchi” il vaccino?

«Non c’è notizia in questo senso. Finora sono state contate più di 1500 varianti ed è evidente che prima o poi ce ne sarà qualcuna che riuscirà ad aggirare le difese immunitarie date dal vaccino, ma non a bucarle completamente. Potrebbero portare ad una diminuzione di efficacia ed è il motivo per cui ogni anno si rivede il vaccino anti influenzale, per esempio».


Ci sono già state varianti che sembravano molto diffusive ma poi, sul campo, non si sono dimostrate così efficienti.
«Esatto. La Beta o Brasiliana, e la Gamma, ovvero la Sudafricana precedente, sono due varianti che non hanno sostituito la Delta, né bucato il vaccino. Per il momento: sì preoccupazione, no panico. Nell’arco di due settimane sapremo tutto quello che ci serve sapere. Ad oggi, i virologi hanno giustamente segnalato che questa variante ha mutazioni potenzialmente pericolose, ed i clinici – che io rappresento – andranno a vedere se questo si conferma sul campo».


Indossare le mascherine anche all’aperto può essere una misura utile ad arginare varianti potenzialmente più contagiose?
«Le misure di distanziamento e protezione delle mucose sono quelle che impattano maggiormente, al di fuori del vaccino.

Quindi, le cosiddette misure non farmacologiche sono estremamente importanti, come hanno dimostrato in senso favorevole l’Italia, ed in senso negativo Germania ed Austria. Se una persona vuole sentirsi tranquilla, giri con la mascherina». 


Della Omicron sono stati già individuati diversi casi in Europa: è possibile che stia già circolando anche in Italia?
«Non lo escludo. Quando si trova un caso, dietro ce n’è un numero nell’ordine delle migliaia, almeno. È sempre la punta di un iceberg. Non è detto, però, che la variante diventi prevalente. Lo scopriremo nell’arco di due settimane».


Moderna ha annunciato di avere in corso di test uno specifico vaccino contro la variante Omicron: possiamo sperare di avere vaccini mirati contro le varianti più recenti a stretto giro di posta? 
«Per elaborare in laboratorio un vaccino che risponda all’attacco delle varianti ci vuole relativamente poco. Poi però bisogna produrlo, distribuirlo e farlo arrivare in ogni angolo del mondo, e questo è più difficile farlo in poco tempo».


Se questa variante si dimostrasse efficiente, cosa dobbiamo fare? 
«Se vogliamo che una variante non si diffonda, accanto alla vaccinazione di massa – che deve proseguire, convincendo anche quei sei milioni di italiani che non si sono ancora vaccinati a farlo, e andando avanti con le terze dosi –, vanno adottate misure di protezione individuale e di gruppo: quindi distanziamento, mascherina ed evitare assembramenti».


È ancora possibile convincere le persone che non hanno ricevuto neppure la prima dose? 
«Secondo me sì. Bisogna spiegare che nessuno sta attentando alla loro inalienabile libertà, né ci si vuole impossessare dei loro corpi per fare esperimenti. Semplicemente, è un momento di emergenza mondiale che richiede il contributo di tutti per essere superato. Faccio appello all’umanità della persone: sentiamoci tutti parte del genere umano che sta combattendo una battaglia contro un virus che, nella sua stupidità, non guarda in faccia nessuno».

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