ANCONA - Il mondo del lavoro si evolve e non sempre la formazione riesce a stare al passo con i tempi. Una discrasia che si riscontra soprattutto nella carenza di figure specializzate in tecnologie digitali avanzate e nello sviluppo di strategie eco-sostenibili, figlie di quella svolta green che l’Unione Europea sta cercando di perseguire.
Il mismatch tra domanda ed offerta finisce per creare una falla nel sistema occupazionale, con le imprese che fanno fatica a reperire quei profili professionali di cui avrebbero estremo bisogno.
I nodi
«È un problema molto serio, oggi più che mai - conferma Pierluigi Bocchini, presidente di Confindustria Ancona e patron di Clabo - ed inizia proprio tra i ragazzi di 15 anni. Da tempo chiediamo di riformare le scuole secondarie per preparare i ragazzi ad un lavoro che è molto cambiato nell’era della digitalizzazione. Oggi anche la figura dell’operaio che lavora in fabbrica non è più quella di una volta: con l’industria 4.0 diventa una sorta di tecnico informatico che deve sapersi interfacciare con le macchine. Se non si studia per imparare ad usarle e non si fa alternanza scuola-lavoro, difficilmente riusciremo a superare il problema della non rispondenza tra domanda ed offerta». Il capo di Confindustria abbozza una ricetta per uscire dall’impasse, che passa per il potenziamento degli Its, gli istituti tecnici superiori, «valida alternativa ai percorsi universitari per entrare rapidamente nel mondo del lavoro. Danno ai ragazzi competenze che le aziende cercano e, non a caso, il tasso di occupazione che garantiscono dopo un anno si assesta sul 98%. Come Confindustria, abbiamo fatto un progetto per potenziarli e riceveranno anche fondi dal Pnrr, ma purtroppo le famiglie ed i ragazzi ci credono poco». Altra questione riguarda le Università che, secondo Bocchini, «sfornano pochi laureati: siamo agli ultimi posi in Unione europea, soprattutto per quanto concerne le materie scientifiche. Per capire l’entità del problema, il rapporto tra il numero di neolaureati in Ingegneria e la richiesta di ingegneri da parte delle aziende è di 1:10. Un dislivello che incide negativamente sulla competitività del mondo industriale della regione». Tuttavia, il sistema universitario marchigiano sta cambiando passo in questo senso, colmando un gap che non può più essere ignorato.
Le università
«Nell’ultimo periodo c’è stato un sensibile miglioramento nell’offerta formativa - fa notare il rettore dell’Università Politecnica delle Marche, Gian Luca Gregori -: abbiamo sviluppato diversi nuovi corsi proprio per andare incontro alle nuove esigenze del mercato del lavoro. Tra questi, il Digital economics and business, in lingua inglese, che mette insieme economia e digitale, oppure il corso di Ingegneria per la sostenibilità industriale, a Pesaro, pensato per formare i laureandi nei processi produttivi eco-sostenibili». La strada imboccata dalla Politecnica pare essere quella giusta. Resta da capire quanto ci vorrà per aggiustare il tiro.