Il disastro Macerata spinge fuori Gostoli: scatta il toto segretario nel Pd

Il disastro Macerata spinge fuori Gostoli: scatta il toto segretario nel Pd
Il disastro Macerata spinge fuori Gostoli: scatta il toto segretario nel Pd
di Andrea Taffi
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Mercoledì 23 Settembre 2020, 09:12 - Ultimo aggiornamento: 17:53

ANCONA - Non è finita la guerra per bande. Al contrario, è più viva che mai: sopra e sotto traccia. Mancinelli che spara contro Mangialardi e contro il partito non radicato, Amati che accusa Mancinelli. E poi a Pesaro i ricciani che non possono vedere i ceriscioliani e viceversa. Per non parlare dei rapporti gelidi tra Mastrovincenzo, Lodolini e Sturani ad Ancona. Possiamo anche parlare del tabula rasa di Macerata: fuori da tempo Silenzi (consulente di Kos), fuori di recente Giannini (consulente gruppo Romani), fuori Comi (ex segretario), il sindaco uscente del capoluogo che lamenta di essere stato trombato in virtù della sua militanza con Ricci e Mancinelli in favore del candidato di Area 70, la maggioranza, Micucci. 



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La faida continua insomma e sotto la pioggia di stracci, senza ombrello, è rimasto Giovanni Gostoli, segretario senza padri come da prassi quando piovono cani e gatti. Gli tocca un’ingrata palma: quella di primo segretario Pd chiamato a spiegare mentre gli altri fanno festa.
 
Forse non basterà metterci la faccia, come peraltro e prontamente ha fatto, dopo i chilometri macinati nei 20 mesi da segretario votato ad allargare e a tessere. Per il Pd conosciuto in questi ultimi due anni potrebbe anche bastare per lavare le coscienze (degli altri). 
Un paio di domande
Un Pd più serio, più primo partito si farebbe un paio di domande. La prima è sul che cosa voglia davvero il Pd di Pesaro, il gruppo che ha fatto bello e cattivo tempo da anni in Regione e che ora si è ripiegato su se stesso: sono riusciti a litigare persino nel Covid quando Ceriscioli chiedeva la zona rossa e Ricci la ribattezzava zona arancione. Dunque, come - con furbizia ma non andando lontano dalla verità - arringava l’ascolano Luciano Agostini (dimessosi da responsabile sanità Marche sei mesi fa, fiutando la malaparata): ci dica il Pd di Pesaro cosa vuole fare. Qualcuno dice che al proposito Zingaretti abbia alzato il sopracciglio sulla Morani. E Gostoli potrebbe, prima di tutto, pagare la sua vicinanza a Ricci. Ricci, caduto in piedi: ha portato a casa con percentuali bulgare i due consiglieri regionali sui cui aveva messo la fiche. Ha combattuto Ceriscioli e ha digerito Mangialardi: ora avrebbe campo aperto. Ma Bonaccini, invitato a Pesaro, qualche giorno fa gliel’ha cantata («Matteo magari facciamolo un po’ prima l’accordo con i Cinque Stelle»). E la provincia di Pesaro è stata un disastro. Dunque, la domanda vera potrebbe essere: cosa vuole fare Ricci adesso? La risposta ufficiale è: riflettere bene e continuare con la squadra attuale. Tradotto: Gostoli non si tocca. 
Il versante di Ancona
Al proposito bisognerebbe sentire cosa pensa la Mancinelli che a urne calde ha riassunto toni più contestatori. In merito, ieri alle 22.30 ha scritto un lungo post: «Alcuni hanno inteso il mio post di ieri come un giudizio di inadeguatezza su Mangialardi e/o scaricare su di lui le ragioni della sconfitta. Non è così, evidentemente mi sono spiegata male, mi dispiace e me ne scuso in primo luogo con Maurizio». Segue accurata disamina sulle regioni rosse che hanno vinto o per il peso del radicamento dei partiti o per quello dei candidati, o per entrambi. Occhio al finale: «Fin qui i numeri. Per le valutazioni politiche rimando a un successivo post». Chi ha ascoltato tre settimane fa la sindaca di Ancona a Palazzo Chigi come guida Anci con i sindaci del terremoto è rimasto impressionato: preparata e incisiva. Ma soprattutto proiettata in una dimensione sovracomunale benché è opinione diffusa che fuori Ancona non sia amata. Il problema di giornata della Mancinelli è che ha fatto flop: il suo candidato, Lodolini, ha rimediato 800 voti ad Ancona per effetto del triangolo delle Bermude di cui sopra (gli altri vertici sono Mastrovincenzo e Sturani). 
Insomma, in questa cayenna che sembra diventata piazza Stamira non si capisce chi possa scagliare la prima pietra. Sul campo e con i gradi sono rimasti in pochi: Area 70 a palazzo Leopardi ha quattro pedine (Mangialardi, Bora, Casini e Micucci), Cesetti per sua stessa definizione è leader dell’area Cesetti, Biancani e Vitri per scuderia dovrebbero guardare verso i grillini in versione pret-à-porter. Infine c’è Mastrovincenzo che ai grillini invece aveva pensato dalla prima ora e ieri ha definito la scelta di Mangialardi «non per posizioni personali, un patto di basso cabotaggio». 
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Perché poi il punto di caduta torna a essere il segretario: il sociologo Carboni - che sulle classi dirigenti ha scritto due libri - su queste colonne ieri ha qualificato come «indegna» la qualità delle figure proposte dal Pd per la Regione. Ci sono dei nomi in piazza se si dovesse consumare il fattaccio di liquidare Gostoli e il verdetto di Macerata dà una pesante spinta in questa direzione: l’ex deputato pesarese Marchetti, vicino a Ceriscioli ma non distante da Ricci. C’è chi spinge Mastrovincenzo. Ha discrete quotazioni anche Fabiano Alessandrini, attuale vice segretario regionale. E l’ultima ascoltata potrebbe coinvolgere anche il governatore uscente Luca Ceriscioli. Servirebbe un leader come il pane. Ma questa è un’altra storia.

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