Olio, crolla la produzione: flessione del 50% sul 2022

Colpa del cambiamento climatico: l’oliva Dop di Cartoceto ai minimi storici

Olio, crolla la produzione: flessione del 50% sul 2022
Olio, crolla la produzione: flessione del 50% sul 2022
di Elisabetta Marsigli
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Domenica 17 Settembre 2023, 05:15 - Ultimo aggiornamento: 11:36

ANCONA - Il cambiamento climatico è ormai un fattore determinante per la nostra agricoltura, in balia di un meteo impazzito che ne mette a rischio le eccellenze. La tempesta perfetta non si è abbattuta solo sul vino, ma anche su un altro dei fiori all’occhiello del Made in Marche: l’olio. Secondo i dati di Coldiretti, la produzione degli oliveti quest’anno è calata di circa il 50% rispetto al 2022 e a pagare pegno sono soprattutto le aree montane, dove siamo prossimi allo zero. Proprio per fare il punto sulla complicata situazione che si è venuta a creare, Coldiretti ha organizzato per il prossimo 5 ottobre un incontro a San Marcello con Aprol, l’organizzazione dei produttori olivicoli. 


Il fiore all’occhiello


In questo contesto estremamente precario, anche l’oliva dell’areale di Cartoceto - il cui riconoscimento del marchio di certificazione Dop è stato ottenuto nel 2004 e rimane a tutt’oggi l’unico nell’ambito territoriale della Regione Marche - è vittima quest’anno di un calo clamoroso.

Il problema principale si è creato a maggio, quando la primavera è stata particolarmente fredda. «Le piante hanno rallentato la fioritura - racconta Giordano Galiardi, uno dei produttori del Consorzio Dop di Cartoceto, la cui azienda ha scelto fin da subito una produzione rigorosamente biologica, nel totale rispetto della tipicità dei terreni e dell’ambiente - che è andata a finire nella prima decade di giugno, proprio quando, tra le nebbie e la pioggia, la pianta non è riuscita a “legare” e trasformarsi in frutto».

Un problema che ha riguardato non solo le Marche - forse la regione più colpita - ma anche la bassa Romagna fino a Ravenna, l’Umbria e la Toscana. I numeri parlano chiaro: «Nella nostra azienda abbiamo 6000 piante, di cui 400 secolari di raggiola - prosegue Galiardi - e il calo per noi va dai 400 quintali di olive nel 2022 (erano stati 350 quintali, ma con resa maggiore nel 2021) ai soli 50 quintali di quest’anno. Quindi avremo un 10/15% di produzione rispetto agli ultimi due o tre anni». Ci sono state altre annate che hanno avuto scarsi risultati, ma mai come quest’anno: «Non ricordo altre annate così, almeno negli ultimi 10 anni. A volte ci sono pericolose gelate invernali, altre i parassiti o la siccità, ma il problema della legagione è davvero determinante e quando non avviene, questi sono i risultati».


Gli altri problemi


Ora gli altri problemi riguarderanno il prezzo e la distribuzione: «In un momento in cui tutto aumenta, qualcuno potrebbe pensare che aumentare il costo dell’olio di due o tre euro sia un capriccio, ma in realtà non copre minimamente il danno che abbiamo subito - alza le braccia Galiardi -. Inoltre, nel bene o nel male, dovremo comunque accontentare un po’ tutti i nostri clienti, ma con quantità minori per ciascuno». Il paradosso è che gli ulivi non sono affatto danneggiati, anzi: «Sicuramente rispetto alla siccità che hanno patito l’anno scorso, le piante almeno non hanno sofferto e sono pronte per il prossimo anno», osserva Galiardi, che conclude la sua analisi con un’amara riflessione: «Non è previsto nessun aiuto, per il momento, da parte della Regione, anche perché è forse la prima volta che si presenta una situazione del genere. Di sicuro il cambiamento climatico ci fa vivere ogni anno nell’incertezza più totale».
 

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