ANCONA - La strigliata del premier Mario Draghi sui ritardi nelle vaccinazioni anti Covid agli over 80, alle Regioni è arrivata forte e chiara, tanto da provocare una levata di scudi e chiedere un incontro per confrontarsi sulla questione.
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Il presidente del Consiglio ha parlato di anziani «trascurati in favore di altri gruppi», stilettata a cui i governatori hanno replicato piccati, puntando il dito contro le poche dosi di farmaci a disposizione e ricordano che i target della campagna vaccinale sono stati definiti a livello nazionale. Comunque la si vede, è un dato di fatto che, alle porte di aprile, sono ancora molti, troppi, gli ultraottantenni in attesa della somministrazione. Eppure sono proprio loro a rischiare di più nel caso contraessero il Covid.
Nelle Marche, la popolazione over 80 corrisponde a una platea di circa 124mila persone (se si escludono i residenti delle Rsa, per i quali è stato seguito un iter diverso, che è andato comunque troppo lentamente) e appena 32mila di loro hanno completato il ciclo con entrambe le dosi. Stando ai dati forniti dalla Regione e aggiornati a mercoledì, risultavano 20.569 gli ultraottantenni prenotati a cui non è ancora stata somministrata neanche la prima dose nei centri vaccinali distribuiti sul territorio. Altri 14.816 sono invece gli anziani iscritti nella lista specifica perché non deambulanti e sui quali saranno i medici di base ad eseguire la profilassi. Categoria professionale con cui la Regione ha chiuso l’accordo solo il 5 marzo scorso e, a oggi, sono 1.033 - sui 1.200 circa presenti nelle Marche - quelli che hanno aderito. Dal totale degli over 80 mancano poi all’appello circa 23mila soggetti che risultano essere fuori dai radar: persone che non rientrano nel novero di coloro che hanno ricevuto la prima dose, e non risultano tra i prenotati, né nei centri vaccinali, né nella lista specifica dei medici di medicina generale.
Nella tabella di marcia dettata da Palazzo Raffaello a febbraio, questo target avrebbe dovuto ricevere la prima dose entro il 12 marzo, ma la deadline è stata clamorosamente mancata.
A ieri, risultavano presenti nei frigo regionali, circa 30mila dosi di Pfizer e circa 12mila di AstraZeneca (di cui 6mila nel “centro smistamento” dell’Inrca). Di Moderna, invece, sono arrivate domenica 9.900 dosi e sono state tutte immediatamente distribuite a medici di base e Rsa, tanto che al momento non ce ne sono immagazzinate nell’hub regionale dell’Inrca. Al netto delle forniture - una questione molto più grande delle Marche e che vede l’intera Unione europea in difficoltà - qualcosa nell’organizzazione della campagna vaccinale andrebbe modificata per farla diventare più efficiente? «No, riusciamo a fare 6mila dosi nei centri vaccinali - risponde l’assessore –. I problemi delle file all’ingresso sono nate dal fatto che la nostra regione è tremendamente arretrata sulla digitalizzazione: le persone che arrivano devono compilare sette fogli e ciò crea rallentamenti. Per fare l’anamnesi di ognuno, ci vogliono 15-20 minuti».
E secondo il numero 1 della sanità marchigiana, non serve neanche aumentare il numero di centri vaccinali, o estenderne l’orario come proposto a livello nazionale: «Questi centri sono stati strutturati sulla logica della catena di montaggio. Con lo stesso quantitativo di personale, si riescono a vaccinare più persone. Inoltre, sono stati individuati anche in base alla vicinanza a strutture ospedaliere, in caso di choc anafilattico. E non serve estendere l’orario - conclude –: tra punti vaccinali e medici di famiglia, garantiamo già un volume che non richiede modifiche».