Dieci indagati per il ponte crollato sull'A14
Nel mirino tecnici e operai. Ma non solo

Dieci indagati per il ponte crollato sull'A14 Nel mirino tecnici e operai. Ma non solo
di Emanuele Coppari e Lorenzo Sconocchini
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Giovedì 20 Aprile 2017, 09:35 - Ultimo aggiornamento: 10:04
ANCONA Ci sono i primi nomi iscritti sul registro degli indagati per ponte sull’A14 crollato sull’auto di due coniugi uccidendoli sul colpo. Sono in dieci nel mirino della procura, che in questi giorni ha proceduto agli interrogatori. L’attenzione degli inquirenti si concentra sulla Delabech, la ditta che il 9 marzo scorso stava effettuando i lavori innalzamento del cavalcavia, ottenuti in subappalto dalla Pavimental, società al 60% di Atlantia, holding di cui fa parte Autostrade per l’Italia. Operai, tecnici presenti sul posto e responsabile della ditta devono sono sotto la lente del sostituto procuratore Irene Bilotta sul cui tavolo è aperto il fascicolo che ipotizza i reati di disastro colposo oltre che di omicidio colposo plurimo e lesioni.

La cerchia dei sospetti
Non è escluso che con il procedere dell’inchiesta la cerchia degli indagati non possa allargarsi anche a responsabili e tecnici di altre aziende che erano a vario titolo coinvolti nella filiera dei lavori sul ponte. Gli investigatori sembrano concentrarsi in particolare sulla decisione di lasciare l’autostrada aperta al traffico durante le operazioni di innalzamento del ponte. Stando a quanto trapela dalle indagini, tra le ipotesi dell’accusa c’è proprio quella di non aver chiuso al traffico il tratto di A14 dove i coniugi Emidio e Antonella Diomede hanno trovato la morte schiantandosi contro il muro del ponte crollato come un lego.

La Delabech, sembra essere questa la convinzione che stanno maturando gli inquirenti, avrebbe dovuto avvisare la Pavimental sull’opportunità di eseguire i lavori senza il passaggio dei veicoli. Un dubbio sorto subito agli investigatori se fosse il caso che nel mezzo della manutenzione auto e Tir continuassero a sfrecciare trasformando il cantiere in una specie di roulette russa. Hanno frugato nelle pieghe di progetti di ingegneria, di piani relativi all’esecuzione dei lavori di sopraelevamento e al monitoraggio della sicurezza nei cantieri, e nella dichiarazioni messe a verbale. E cercato elementi di specificità del ponte 167 tra le uscite di Loreto-Porto Recanati e Ancona Sud rispetto agli altri dieci viadotti del lotto 6 che erano stati sollevati senza problemi che consigliassero di effettuare l’opera adeguamento deviando il traffico autostradale. Una mancata cautela costata due vite umane.

Si vedrà se c’è la responsabilità di qualcuno per quella precauzione che non è stata presa. Segna una volta l’inchiesta sul viadotto killer, che ipotizza una catena di errori perché forse non solo qualcosa non è andato nella fase esecutiva, ma per esempio potrebbe nascondersi anche nelle pieghe della progettazione un pezzo della causa dello scivolamento del cavalcavia che dopo un accenno di rotazione si è abbattuto sul Suv in corsa dei Dioemde che avevano un appuntamento con la morte piombata giù dal cielo dell’A14.

Il consulente al lavoro
Risposte importanti alle domande cruciali per attribuire le giuste responsabilità del crollo che ha spezzato l’autostrada come l’apocalisse all’improvviso, il pm Bilotta le attende dall’esito della perizia affidata all’ingegner Luigino Dezi. L’ipotesi prevalente sulle cause che hanno determinato il distacco netto del viadotto dalle basi di sostegno, è l’eccessivo innalzamento con i martinetti di un lato del ponte, che avrebbe sbilanciato il troncone centrale facendolo ruotare un po’ e poi scivolare sull’asfalto dell’A14 cancellando due vite. 
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